Israele – Tolleranza zero contro gli estremisti
Aveva avvisato il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon, “d’ora in avanti tolleranza zero contro gli estremisti”. E così è stato anche per il rabbino Bentzi Gopshtain, il leader del movimento di estrema destra Lehava, fermato in queste ore dalla polizia israeliana. Gopshtain si era recentemente espresso a favore della distruzione di chiese e moschee in Israele, invocando azioni simili a quelle che in giugno avevano portato all’incendio doloso che ha danneggiato la Chiesa della Moltiplicazione nel nord della Galilea. In particolare, durante un incontro a Gerusalemme aperto a studenti di yeshivot, al leader di Lehava era stato chiesto se condannasse o meno l’attacco alla Chiesa della citata. “L’idolatria deve essere distrutta”, la risposta di Gopshtain. Parole espresse in un clima di forte tensione e denunciate alle autorità israeliane dai rappresentanti del Vaticano in Israele. “Una linea rossa è stata superata – ha dichiarato alla radio dell’esercito israeliano Wadiya Abu Nasser, consigliere della Chiesa cattolica in Israele – Gli attacchi non sono solo contro le proprietà, ma adesso anche contro le persone, contro i religiosi cristiani”. “Spero che le autorità prendano le misure necessarie per contrastare questo fenomeno”, ha continuato Nasser. E il fermo di Gopshtain di queste ore rientra proprio in questo quadro. Molte le voci che si erano espresse contro di lui e al tentativo di istigare all’odio. Tra queste quelle dell’Anti-Defamation League, organizzazione internazionale impegnata a combattere l’antisemitismo: “nessun ebreo, persino chi ha solo una minima familiarità con la storia ebraica, può permettersi di invocare la distruzione di luoghi di culto, che siano cristiani, musulmani o ebraici – ha affermato il nuovo direttore del Adl Jonathan Greenblatt – La visione del rabbino Gopshtain non trova posto nella tradizione e nemmeno in una società democratica”. Il gruppo estremista e antiassimilazionista Lehava, di cui Gopshtain è la guida, non è però nuovo ad affermazioni simili. Seppur lo Shin Bet recentemente abbia dichiarato che non ci sono gli estremi per dichiarare illegale l’organizzazione, diversi suoi adepti sono finiti in carcere. Come i fratelli Shlomo e Nachman Twitto, entrambi legati a Lehava e giudicati responsabili del rogo appiccato lo scorso novembre alla Scuola Max Rayne Hand-in-Hand di Gerusalemme, ‘colpevole’ di essere impegnata nel facilitare l’integrazione tra arabi ed ebrei. E ancora, erano uomini di Lehava a manifestare un anno fa per bloccare un matrimonio a Yafo tra un giovane musulmano e una ragazza ebrea convertitasi all’Islam. “Una linea rossa esiste tra la libertà di parola e le proteste e l’istigazione – la condanna di quei fatti espressa dal presidente Reuven Rivlin – Mahmud e Morel (i due ragazzi in questione) hanno deciso di sposarsi e di esercitare la propria libertà in un paese democratico. L’istigazione contro di loro è oltraggiosa e sconcertante, indipendentemente dalla mia posizione o quella di altri. Nessuno è obbligato a dividere con loro la felicità ma tutti devono rispettarla. Violenza e razzismo non hanno posto nella società israeliana”.
Su queste pagine, riflettendo proprio sul fenomeno Lehava, lo storico Gadi Luzzatto Voghera sottolineava che: “Ora ci sono ebrei che si organizzano per imporre la loro visione, che dichiarano di ‘combattere l’assimilazione’ e che sono disposti a usare la violenza contro i trasgressori. Non si tratta di un pericolo limitato a Israele (e già sarebbe grave). Si tratta di una minaccia seria per l’intero ebraismo”.
Daniel Reichel
(11 agosto 2015)