Qui Mantova – Letteratura ebraica
Gavron: “Tutta Israele è casa mia”
“We are all Jews, around here” ossia “Noi siamo tutti ebrei, qui” ha affermato Corrado Augias, piccato ed evidentemente in affanno ieri pomeriggio al Festivaletteratura durante l’incontro intitolato “Le colline della discordia” dedicato – almeno così sarebbe dovuto essere – all’ultimo libro dello scrittore israeliano Assaf Gavron, recentemente tradotto da Giuntina. Un’affermazione, la sua, accolta dall’enorme pubblico raccoltosi a Palazzo San Sebastiano con un brusio pieno di aspettativa, che risultava quasi pacato dopo le reazioni vivaci e decisamente rumorose che avevano punteggiato tutto il dibattito. Aveva paragonato “i fanatici religiosi ebrei” all’Isis, Augias, suscitando prima un boato di applausi e poi, al momento del dibattito, un intervento molto duro che chiedeva di spiegare un’affermazione “Decisamente incomprensibile, e che stona in bocca a una persona che si è appena definita convintamente sionista”. Durante l’incontro, infatti, più che di libri e letteratura, il dialogo fra Augias e Gavron ha affrontato la complessa situazione israeliana, con il giornalista che ha voluto sottolineare “Io sono sionista, ma sionista nel senso che questa parola aveva negli anni Quaranta. E il progetto politico di Israele nel frattempo si è trasformato, è diventato un progetto religioso.” E si affretta a spiegare: “Quando dico che si può, anzi si deve fare il confronto con il fanatismo islamico è perché io sono convinto che ogni fanatismo religioso è fonte di sangue, mentre la religione è tolleranza”. Grandi applausi, anche per la risposta immediata di Gavron: “La mia posizione è nota, appartengo alla sinistra israeliana e non potrei essere più d’accordo. Ma non possiamo confrontare l’Isis con i fanatici in Israele, si tratta di fenomeni con caratteristiche molto diverse”.
“Al cuore de La collina – aveva spiegato Augias all’inizio dell’incontro – c’è una critica alla popolazione degli insediamenti, all’esercito, e a tutti coloro che non fanno nulla per fermare gli insediamenti”. Molti i complimenti a Gavron, paragonato prima a Zola e poi a Gogol per le pagine dedicate alla burocrazia israeliana, grande apprezzamento per i suoi libri e per la sua posizione di “scrittore impegnato, laico e di sinistra”, eppure ogni intervento di Augias terminava con un “ma”, o con un “però” che riportavano lo scrittore a spiegare le sue scelte, quasi a giustificarsi. La politica è entrata prepotentemente nel discorso anche grazie al film di Amos Gitai appena presentato a Venezia, che ha portato l’intervistatore a ricordare l’atmosfera che in Israele aveva preceduto l’assassinio di Yitzhak Rabin, paragonandola a quanto succedeva in Italia prima dell’omicidio Calabresi. “Non dobbiamo dimenticare che uno dei primi provvedimenti che prese Rabin dopo essere salito al governo fu il blocco degli insediamenti in Cisgiordania. Gli insediamenti sono l’ostacolo numero uno alla soluzione, e Gavron ha scritto un libro su una tragedia. Gavron non ha inserito i palestinesi nella sua storia perché avrebbe dovuto scrivere un libro ancora più terribile. Così è la situazione in Israele: tragica”. Immediata la reazione dello scrittore, che ha affermato fieramente “Israel is my home, Israele è casa mia. Potrei fare come fanno altri ignorando la situazione o fuggire andandomene altrove, ma per me è impossibile. Come mi è impossibile pensare che sia lecito sedersi a piangere. Israele è il mio paese, è lì che voglio essere e non voglio perdermi nell’autocommiserazione. Allora scrivo. E i palestinesi non sono al centro della storia semplicemente perché questa è la scelta che ho fatto: ho scritto un altro libro – La mia storia, la tua storia pubblicato in Italia da Mondadori – in cui racconto la situazione dai due punti di vista, ma in La collina io volevo parlare degli insediamenti. Mi interessava raccontare quella realtà, non altro, e i palestinesi vi compaiono ma non sono i protagonisti della storia. E ogni scrittore ha il diritto di decidere su quale gruppo portare la sua attenzione, anche in situazioni in cui ci sono molti altri gruppi degni di nota.”
A fine dibattito è arrivata una ulteriore critica alla conduzione di Augias, quando una spettatrice ha preso il microfono per una contestazione condivisa da buona parte del pubblico: “Sono molto delusa, non capisco perché ogni volta che c’è un autore israeliano si debba parlare per forza di politica, e dell’attualità israeliana. È come se io andando a presentare un libro per esempio in Francia mi trovassi ogni volta a dover giustificare la politica italiana. Avrei voluto si parlasse di più del libro, e che ci fosse più letteratura qui, oggi”. E su queste parole un aiuto ad Augias è arrivato dallo stesso Gavron: “Non possiamo essere naif: se avessi scritto una storia d’amore probabilmente avrei condiviso questa osservazione, ma anche se si tratta di un romanzo non possiamo prescindere dal tema de La collina. Non volevo scrivere un libro diverso, magari un libro di storia. Io ho scelto di scrivere degli insediamenti. È il mio modo per affrontare la situazione, è di questo che volevo parlare.”
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(11 settembre 2015)