Qui Mantova – Festivaletteratura
Tornare a Primo Levi

nl 150913 Belpoliti Festivaletteratura 2015 su Primo LeviÈ stato un dialogo appassionato su Primo Levi quello tra Marco Belpoliti, saggista, scrittore e docente di sociologia della letteratura, e il giornalista Wlodek Goldkorn di fronte al pubblico accorso a riempire platea e loggioni del teatro Bibiena di Mantova. In centinaia hanno composto una di quelle code pazienti che caratterizzano ogni edizione del Festivaletteratura, questa volta per l’appuntamento intitolato “Tornare a Primo Levi”. Belpoliti già nel 2007 fu ispiratore al festival di una serie di incontri intitolati “Scuola Levi”, un percorso per parole chiave nel pensiero e nelle opere dello scrittore, e il suo recentissimo Primo Levi. Di fronte e di profilo, portato da Guanda nelle librerie a fine agosto è un’opera poderosa che si pone quasi come un’enciclopedia, in un certo senso destinata a chiudere un periodo ventennale di studi dedicati a Levi. L’uscita del volume, su cui alcuni dei collaboratori di Pagine Ebraiche si erano espressi a poche ore dall’arrivo nelle librerie, ha anticipato di pochi giorni l’uscita in america dell’opera completa di Levi, tradotta da Ann Goldstein e pubblicata da Liveright, mentre la pubblicazione della seconda edizione italiana delle opere, curata dallo stesso Belpoliti per Einaudi è prevista per la fine del 2016 anche se, come ha spiegato lo stesso curatore dopo l’incontro di Mantova “Sto lavorando, ma siamo indietro, c’è tanto da fare, ancora”.
E Belpoliti ha salutato Goldkorn con un affettuoso “Guarda che poi dobbiamo parlare ancora di almeno un paio di cose che sono venute fuori qui, oggi”, a riprova di come l’incontro sia stato ricco, e pieno di spunti tutti da approfondire. “Primo Levi è un grande testimone. Ma è un grande testimone soprattutto perché è un grande scrittore. Ha usato le armi della letteratura per rapportarsi con i fatti, non si è limitato a raccontare quanto successo ma lo ha fatto alla maniera dei grandi scrittori”. Un tema, quello con cui Belpoliti ha voluto aprire dopo l’introduzione di Goldkorn, che ha attraversato tutto l’incontro, a partire dalla ricostruzione delle motivazioni per cui l’Einaudi dapprima rifiutò di pubblicare Se questo è un uomo, argomento approfondito dal libro di Belpoliti. Molto si è discusso anche di Memoria, con Goldkorn che ha spiegato che “Si tratta di un autore di cui non è possibile fare a meno. E la verità letteraria è forse ancora più importante della verità giudiziaria. Andiamo verso un periodo in cui a raccontare quello che è stato resteranno prevalentemente le opere artistiche e culturali e l’onere sarà soprattutto della letteratura”. E di Levi, ha sottolineato Belpoliti, c’è tutt’ora molto da scoprire, sia per il potenziale enorme di scoperte che si potrebbero fare grazie al materiale inedito che per i lavoro che stanno facendo i molti studiosi che dello scrittore piemontese si occupano in tutto il mondo. “È un poliedro dalle tante facce e per quanti sforzi si facciano, quando si riesce ad illuminarne una forzatamente se ne lasciano altre in ombra… Anche Calvino aveva questa caratteristica poliedrica, ma si tratta di un personaggio che è stato prevalentemente un letterato, mentre di Levi si può parlare da molti più punti di vista: non dobbiamo dimenticare il linguista, innanzitutto, oltre allo scrittore e al testimone, ma anche l’antropologo, e il chimico, e la sua passione per il mondo animale, e va ricordato l’enorme numero di incontri nelle scuole per raccontare l’esperienza del lager, a cui ha dedicato una quantità di tempo e di energie davvero incredibile.” Tempo che dedicava anche ai tantissimi che gli scrivevano, perché Levi rispondeva a tutti, anche solo con poche parole, magari con un biglietto, e proprio la grande quantità di lettere, inedite e conservate dalla famiglia Levi, sono secondo Belpoliti materiale importante per il futuro degli studi su Levi.
“De I sommersi e i salvati, che io considero l’opera fondamentale, si ricorda sempre il capitolo dedicato alla zona grigia – ha aggiunto Goldkorn – ma io credo che il tema fondamentale sia quello della vergogna, la vergogna delle vittime nei confronti dei carnefici. Lì, tra l’altro, Levi scrive che non di tutto si può parlare…” Una sorta di pudore, caratteristico di Levi, che Belpoliti spiega raccontando che “Era uomo comune, cosa rara in un personaggio di tale levatura, una persona che aveva grande umiltà, era modesto e aveva sempre qualcosa di geniale, con quella genialità appunto dell’uomo comune, che viene fuori sempre in una maniera inaspettata, diversa da quello che ci si aspetta. Una grande onestà intellettuale, poi, si associava al suo non pretendere mai di avere ragione. Non si presentava mai come vitima e ricordava a tutti che la memoria umana è fallace”.
“Non aveva accettato compromessi, e far vergognare qualcuno, corromperlo, è un modo per ridurre una persona al ruolo di vittima. Il rifiuto di Levi di rivestire gli abiti della vittima era una forma di resistenza”, ha aggiunto Goldkorn, a cui Belpoliti ha risposto ancora una volta che “Levi si è salvato dal suo ruolo di vittima anche perché scriveva, perché c’era la letteratura. Fare letteratura è un po’ come tirare dei dadi, non puoi avere certezze quando scrivi, e neppure quando hai finito di scrivere. E Levi questa scommessa, questo rischio l’aveva assunto fino in fondo. Per questo si è salvato, e possiamo parlare di lui al presente, perché la grande letteratura non muore mai”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(13 settembre 2015)