Rosh Hashanah 5776 – Un anno di umanità
Da quando è stato distrutto il Bet haMikdash, i Maestri della Mishnà e del Talmud hanno voluto redigere le tefillot di Rosh Hashanah al Bet haKnesset intorno a tre concetti: La regalità di HaShem, chiamata Malchuiot; il Suo ricordarsi di noi e la Sua misericordia per noi, chiamati Zichronot; la speranza in tempi futuri migliori, tempi di salvezza e consolazione, chiamati Shofarot – i suoni del corno, il senso simbolico dello shofar dai tempi di Abramo ed Isacco attraverso il Sinai e fino ai tempi futuri messianici, i tempi della Geulà.
Questi concetti sono stati elaborati nella tefillà di Musaf basandosi su versetti dei tre volumi della Bibbia: Il Pentateuco, i profeti e gli Agiografi, una decina di versetti per ogni parte della tefillà.
La nostra tefillà di Musaf non è altro che un midrash sui versetti e sui valori chiave della festa del Capodanno, offertici con la modalità delle tre Berachot di Musaf: La regalità di HaShem, il Suo ricordo di noi ed il mantenimento delle Sue promesse fatte ai nostri padri e all’umanità intera.
Malchuiot, Zichronot, Shofarot.
Il contenuto della festa di Capodanno unisce messaggi particolari ed universali. Rosh Hashanah per il midrash ha un valore universale che ricorda la creazione dell’uomo. È la festa del ricordo e del giudizio per tutta l’umanità. La qualità e la dignità particolare offerta all’uomo al momento della sua creazione come creatura simile al divino per alcune delle sue qualità. I patti con HaShem e le descrizioni del loro ripetersi nella Genesi partono sempre dall’universale per arrivare poi al particolare e non viceversa. Al patto universale col primo uomo, Adamo, segue il patto con tutta l’umanità, rappresentata da Noè e dai suoi figli.
Al patto con Giacobbe e quello particolare con Mosé ed il popolo d’Israele, precede il patto con Abramo, Av hamon goim, padre di tante nazioni, fedele a D-io a nome dell’umanità intera.
La Torah ci educa a guardare sempre oltre il nostro orizzonte, a partire dall’universale per capire la nostra particolarità.
Così l’etica della Torah ci insegna ad essere attenti e sensibili alla sofferenza di ogni essere umano. Le ultime parashot che abbiamo letto ci spronano a ricercare e ricordare l’immagine divina presente in ogni essere umano: la donna presa in cattività deve sempre essere trattata con rispetto e dignità, la sua sofferenza deve essere alleviata.
E lo schiavo non deve essere maltrattato e sfruttato, la sua afflizione e la sua fatica devono essere mitigate e il suo doloroso peregrinare assistito.
E ancora, la Torah ci ricorda di non umiliare le salme di corpi inermi che in vita contenevano l’immagine divina, perfino di quelli che per qualche motivo sono stati condannati alla pena di morte.
Tutte queste mitzvot e altre ancora ci educano e ci indirizzano verso un comportamento ed un sentimento di umana compassione. Il D-o della vita vuole da noi umanità, vicinanza e compassione per chi soffre. La Teshuvah ed il ritorno verso HaShem si trova e si coltiva dando spazio e voce alla nostra umanità, alla solidarietà verso l’altro che soffre, che ha bisogno del nostro aiuto. Dando spazio alla nostra umanità ci avviciniamo a Lui, e dunque noi tutti, in questo momento tragico della storia umana, siamo chiamati ad agire e mostrare solidarietà con le migliaia che soffrono fame morte e umiliazione, in fuga dalla miseria e dalla guerra inflitta loro dai loro stessi fratelli.
Accanto e assieme alla nostra solidarietà con i nostri fratelli in Israele e altrove, noi, nella misura delle nostre possibilità, dobbiamo partecipare e offrire aiuto a tanta povera gente vittima di violenze e di sfruttamento in Africa, in Europa e nel Vicino Oriente.
Il D-o dell’universo è un D-o che ama la vita, un D-o vivo, sempre presente, e sempre vicino all’uomo, un D-o che ha creato e che aspetta la nostra Teshuvah, il nostro ritorno a Lui, Giudice Universale che ama le Sue creature e la Sua creazione, D-io che non è condizionato da nessun’altra forza, divina o naturale.
Un D-o che apre il Suo cuore a coloro che lo cercano e vogliono la Sua clemenza, che aiuta i buoni ed i cattivi, che illumina ed anima la terra e l’universo ogni giorno e ogni istante, che ricorda e riconosce il cuore della Sue creature e le aiuta a riprendere la strada del ritorno a Lui. Un D-o che ci invita a vivere la nostra vita con integrità e generosità di cuore, capaci di riconoscere i nostri errori e di ritornare sui nostri passi, di riconoscere e riparare i nostri misfatti chiedendo perdono per i nostri comportamenti sbagliati. Un D-o che ci invita, oggi, a purificarci scegliendo di nuovo il bene e il buono mostrando, attraverso la nostra compassione e la nostra umanità, solidarietà verso l’altro, verso chi soffre, verso i rifugiati come verso i nostri famigliari, verso chi è in pericolo e difficoltà.
In un tempo come il nostro, in cui gruppi cosiddetti religiosi presentano visioni e ideologie religiose di odio, di morte e di negazione del valore immenso della vita umana, in un periodo in cui vite umane vengono barbaramente annientate con atti terroristici e condanne a morte crudeli, gli ideali biblici della Torah, della vita e di un’etica della vita aspettano ancora di essere diffusi e realizzati per proteggere tanta parte dell’umanità: le giovani donne che in Europa orientale, in India, in Africa e nel Vicino Oriente vengono sistematicamente umiliate, torturate, rese schiave calpestando il loro diritto alla dignità umana.
L’ebraismo dichiarò per primo, fin dall’inizio dell’era volgare e ancor prima, il valore della vita di ogni persona, schiavi e padroni, donne e uomini. In questa epoca tanto difficile è utile ed importante ricordarci che la tradizione biblica ebraica dichiarò per prima la dignità ed il valore della vita umana, di uomini e donne, giovani e anziani. Ed è quindi dalla tradizione biblica ebraica che nasce l’umanesimo moderno, che invece di essere ancora più approfondito e interiorizzato, si trova oggi di nuovo svalorizzato ed in pericolo. Dopo il doloroso XX secolo l’umanità sembra aver dimenticato nuovamente i valori base del nostro percorso etico umano, il valore immenso dell’uomo, portatore d’immagine divina, che soffre e ha bisogno di essere visto e trattato con dignità e solidarietà. Ecco perché sono importanti le nostre Zikhronot, che parlano e rievocano le qualità d’un D-io che non dimentica le Sue creature, non le abbandona per strada, non le lascia perire lungo le vie che portano dal sud al nord e dall’est all’ovest.
Come abbiamo visto, dopo le Zikhronot arrivano le Shofarot, che ricordano i meriti dei nostri avi che hanno seguito HaShem, che hanno rigettato la barbarie degli altri popoli, che hanno mantenuto l’orgoglio e la testa alta con l’aiuto delle mitzvot. Mitzvot che proteggono la nostra umanità, che ci ricordano e ci insegnano come mantenere uno sguardo umano verso un mondo ed una divinità buona e benevola che ama il Suo mondo e le Sue creature, che ama il Suo popolo e vuol mantenere il Suo patto con esso, popolo eletto, di alta moralità, di costante senso e consapevolezza della Kedushà della vita e del rapporto con l’altro, che porta il nome di un D-o che ama tutte le Sue creature ed il mondo che ha creato. Ecco qual è l’immagine della divinità d’Israele che noi ricordiamo e festeggiamo, oggi, di fronte ai nostri figli e all’umanità intera.
Questo anno in particolare Rosh Hashanah c’invita a ricordarci e ad annunciare la Kedushà, la dimensione sacra della vita.
Malchuiot, Zichronot, Shofarot: la regalità di HaShem, il Suo amore e la Sua memoria, la promessa di aiutarci ad arrivare alla fine dei tempi, alla Geulà, con il nostro impegno e la nostra azione.
Ed è a questo che Rosh Hashanah ci deve incoraggiare: Capire ed amare di più le mitzvot, capire il loro apporto alla nostra vita di tutti i giorni, alla nostra continua elevazione, alla vita delle nostre famiglie.
Fare più sforzi, dare più attenzione all’educazione dei nostri figli perché amino le mitzvot, stiano lontani dall’odio e dalle banalità, siano attivi nella costruzione di un mondo migliore, amino il loro prossimo e lo avvicinino ai principi della Torah.
Tutto questo richiede impegno, volontà, studio e approfondimento, volontà di sapere e di conoscere, la riscoperta della fede, della Emunà, la fede in un mondo e in un D-o che dà un senso al tutto, la fede in una finalità, in un’armonia, una testimonianza vissuta e sperimentata di trovare sempre il senso ed il valore della vita per poter offrirlo agli altri e poter sentire sempre dentro di sé la presenza e l’amore di D-o, che ci ama e ci protegge e ci guida verso il bene, verso la gioia dell’essere.
Dor holech vedor ba. Durante questo anno persone care e vicine ci hanno lasciato: Rav Umberto Sciunnach, Evelina Gabbai, Ambretta e Calev e altri ancora.
Mentre piangiamo la loro scomparsa siamo determinati più che mai ad amare HaShem con tutto il nostro cuore, con tutto il nostro animo, con tutto il nostro essere.
In questo momento di dolore e di crisi siamo determinati più che mai ad unirci e ad unire la nostra comunità per allontanare da noi, come dice la Tefillà di Rabbi Nahman, ogni odio e maldicenza, ogni invidia e litigio, ogni malsana contrarietà e competizione, per crescere sempre di più nella solidarietà e nella conoscenza delle vie della Torah che ci aiutano ad unirci e sentirci vicini e solidali l’uno con altro, per vivere una vita lunga e sana, tranquilla e piena di senso e di valori etici e di vitalità, di amore per i nostri fratelli ebrei in Italia, in Israele ed in tutto il mondo, ma anche per tutti i nostri fratelli, vicini o lontani, che soffrono la guerra, l’odio, l’abbandono e la dimenticanza.
Assieme a noi e tramite noi D-o si ricorderà di loro e gli offrirà la speranza.
Auguro buona salute e guarigione ai nostri anziani, consolazione e guarigione dal lutto alle famiglie che hanno perso i loro cari.
Il loro ricordo di una vita retta e attiva vi darà speranza e coraggio per intraprendere una vita di consolazione.
Ai nostri giovani auguro una forte crescita e un amore vivo per gli insegnamenti profondi e belli della Torà e dell’ebraismo.
E alla nostra collettività un anno felice di unità e di coesione, di pazienza e di rispetto per crescere e ricreare sempre di nuovo e con maggiore amore e intensità il nostro mondo e la nostra comunità.
Kadosh Baruch yevarech etchem vivarech veyarbe etchem veyosef aleichem kachem elef pèamim vivarech etchem kaasher diber lakhem, vechen yehi ratzon venomar amen.
שנה טובה ותזכו לשנים רבות
Joseph Levi, rabbino capo di Firenze
(13 settembre 2015)