Rosh Hashanah 5776
“Ascoltare il suono dello shofar e aprire il cuore al prossimo”
Nel quadro di forte preoccupazione per le situazioni di sofferenza e di crisi su tanti e diversi fronti, l’inizio del nuovo anno porta per ogni ebreo occasioni di riflessione, momenti di preghiera, di intimo approfondimento, la riscoperta di valori e sentimenti, l’invito all’azione nei termini ebraici delle Mizvot, con impegno, fiducia e responsabilità.
Il percorso che si snoda attraverso le solennità del mese di Tishrì è veramente ricco di occasioni, se solo le sappiamo cogliere.
Rosh Hashanah, incentrata sul ricordo della creazione, sulla responsabilità di tutti i popoli, per il bene dell’universo, è una ricorrenza che ribadisce l’unità del genere umano di fronte a D.O, ci impone di guardare ai nostri doveri con uno sguardo ampio, rivolto al mondo, a non chiudere gli occhi e il cuore di fronte ai problemi che incombono, da vicino e da lontano.
Lo shofar, la cui mizvah è “l’ascolto del suono” ci invita fra l’altro a saper ascoltare, con più attenzione e disponibilità il prossimo, sia quando si esprime con le parole, sia quando ci invia dei segnali, richieste di attenzione, meno espliciti ma comunque comprensibili. Lo shofar, è però innanzitutto ricordo della Akedat Izhak del drammatico momento in cui Abramo aveva legato all’altare il proprio amato figlio, pronto a corrispondere alla prova estrema richiestagli da D.O; nella storia del popolo ebraico, la akeda si è poi ripetuta tante volte fino all’estremo sacrificio di tanti nostri fratelli, che non rinnegarono la fede in D.O e il nome d’Israele. Questo richiamo che ci giunge dallo shofar dobbiamo ben ricordarlo nel corso dell’anno, quando l’impegno ebraico ci appare talvolta gravoso, quasi un intralcio ai nostri programmi personali.
Yom Kippur, attraverso la ricerca del perdono, dall’uomo e da D.O, ci riporta ad una dimensione più intima e personale, siamo all’esame di coscienza che dobbiamo compiere dentro di noi, al rapporto che abbiamo in prima persona con altre persone, che può richiedere azioni di correzione e ripresa, siamo al momento in cui dobbiamo essere sinceri ed autentici innanzitutto nel giudicare noi stessi, senza di che non può darsi iniziativa veramente costruttiva nella vita, né sul piano materiale né in quello spirituale.
Sukkot, attraverso la suggestiva e accogliente capanna, simbolo della protezione che ci viene data dal Signore, ci proietta verso i ricordi del deserto biblico in cui vissero i nostri padri, ma anche verso quello simbolico che rappresenta la nostra condizione ebraica, sempre ancora in marcia ‘in un deserto’, cioè nell’incertezza del presente, delle scelte necessarie per ravvivare e far fiorire il nostro ebraismo, nella ricerca della strada da seguire per arrivare,insieme a tutto il nostro popolo alla meta, la Terra d’Israele.
Con la festa di Simchat Torah, la fatica e l’impegno del percorso di questo mese prorompono nella massima gioia, i canti e le danze con i Sefarim esprimono la coscienza che, per quanto divisi e spesso discordi, noi tutti figli del popolo ebraico in qualche modo sentiamo di avere ancora tanti motivi che ci uniscono e di non poter fare a meno della Torah, come fondamento della nostra identità.
Le solennità del mese di Tishrì sono come un percorso in salita, un’ascesa verso luoghi più alti, del cuore e dell’anima ma anche dell’azione e dell’impegno, del progetto e della responsabilità ,per ogni singolo ebreo e per tutto il popolo d’Israele, nel senso più concreto. Questo concetto è simbolicamente alluso dalle parole del Salmo 24 in cui è detto “Chi potrà salire sul Monte del Signore, chi potrà restare nel luogo a lui consacrato? L’uomo dalle mani innocenti e dal cuore puro…”. Che il Signore dia a tutto Israele, nel mese di Tishrì, la capacità di “salire verso il Monte del del Signore” ovvero di percorrere tutta la salita verso le mete più elevate, di arricchirci con tutte la forza spirituale che questi giorni racchiudono, e per tutto il resto dell’anno ci renda capaci e meritevoli di rimanere “nel luogo a Lui consacrato”.
Shanà Tovà!
Giuseppe Momigliano, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana e rabbino capo di Genova
(13 settembre 2015)