Rosh Hashanah 5776 – Un anno di felicità
Cari correligionari, shalom e benedizioni, nelle nostre Tefillot per i grandi Moadim diciamo “Simha le’artzecha veSasson le’irecha” – Dà gioia alla Tua Terra e allegria alla Tua città!.
L’ aspirazione alla felicità è centrale per la nostra psiche ebraica. Siamo incoraggiati a celebrare ciò che abbiamo in un passaggio chiave nel libro di Bereshit, che inizieremo a leggere a Simhat Torah, festa che conclude i Moadim di Tishrí.
Il Talmud (Hulin 139a) pone una domanda sorprendente: “dove può essere trovato Haman (quello della Meghillá di Esther) nella Torah? Sicuramente da nessuna parte! La risposta è mistificante: egli appare nel racconto biblico del Giardino dell’Eden!”. Ma come?!
Leggiamo in Genesi 3, 11: הֲמִן-הָעֵץ, אֲשֶׁר צִוִּיתִיךָ לְבִלְתִּי אֲכָל-מִמֶּנּוּ–אָכָלְתָּ.
“…Hai forse mangiato di quell’albero, di cui ti comandai di non mangiare?”
“Hamin haEtz …”. Con queste parole, Dio si confrontò con Adamo e gli chiese se avesse mangiato il frutto proibito dell’Albero della Conoscenza. “Hamin” in ebraico è scritto in forma identica a Haman (senza Yod). Su questa base il Talmud dichiara: “Questo è il punto in cui Haman si trova nella Torah”.
Come troviamo spesso nelle nostre fonti, un’interpretazione creativa della lingua ebraica è il veicolo per un insegnamento perspicace – in questo caso circa la pace interiore e la felicità. L’intera nazione persiana rendeva omaggio a Haman. Solo una persona, Mordechai, rifiutò di inchinarsi davanti a lui. Invece di accontentarsi di quanto aveva, Haman era ossessionato dall’unica cosa che gli mancava – la sottomissione di Mordechai.
La Torah ci fornisce una guida per tutte le situazioni che dobbiamo affrontare nella vita. I Hachamim chiedono dove troviamo un fenomeno come quello di Haman nella Torah, il Talmud risponde identificandolo con il precedente dell’evento nell’ den. Invece di essere felici per le loro abbondanti benedizioni, Adamo ed Eva erano tristi per la proibizione del frutto di un solo albero. Questa insoddisfazione distruttiva li ha portati a perdere il loro paradiso.
A differenza di Haman, dobbiamo riconoscere ed apprezzare anche le molte realizzazioni ed orgogliosi del lavoro delle nostre mani.
Mentre ci sentiamo gratificati e soddisfatti dobbiamo, però, anche ricordare che c’è molto di più che possiamo e dovremmo fare per respirare una nuova e fresca vita nella nostre sinagoghe e comunità.
Tizcù leShanim Rabbot Neimot veTobot! Che possiate meritare molti e buoni anni!
Eliezer Shai Di Martino, rabbino capo di Trieste
(16 settembre 2015)