Time out – Accoglienza

daniel-funaro Lo abbiamo detto tutti e abbiamo fatto bene: non si può voltare la faccia rispetto al dramma dell’immigrazione. Nelle scorse settimane rispetto alla foto del bambino morto sulla spiaggia turca auspicavo che quella foto potesse risvegliare dal torpore da cui siamo avvolti. Ci siamo dimenticati a lungo del problema, a volte abbiamo fatto finta che non esistesse e se il dramma di quell’immagine servisse almeno a farci riprendere coscienza della situazione non sarebbe che un bene.
Il punto ora è capire come affrontare questa situazione. Se prima bastava pensare che il tutto fosse lontano da noi, ora anche grazie al comportamento virtuoso di leader europei come Angela Merkel, sembra che la soluzione sia nell’accoglienza indiscriminata. Senza distinguere, come sottolinea oggi Giuliano Amato sul Foglio, tra profughi e clandestini, e senza una strategia di lungo termine che possa offrire una prospettiva per il futuro.
Come ebrei abbiamo il dovere di richiamare al dramma dei migranti, ma non possiamo cadere nel tranello autoconsolatorio che la soluzione a tutti i problemi sia l’accoglienza senza freni. Non per paura di un’invasione culturale come vagheggiano i razzisti nostrani e pure quegli ungheresi, ma perché purtroppo l’Europa deve fare i conti con disoccupazione e crisi economica, e pertanto l’immigrazione diventa positiva solo se controllata e attraverso dei flussi che permettano l’integrazione nel tessuto sociale ed economico del paese. Ammettiamo allora che invece invocare il fantasma delle guerre di Bush per evitare un intervento in Siria non sia stato lungimirante e che l’aver voltato la faccia allora ha prodotto la crisi di oggi a cui, in qualche maniera, bisogna rimediare. Intervenendo diplomaticamente nei luoghi in cui è possibile, ma non escludendo un ruolo di peacekeeping dove ce n’è bisogno. Magari garantendo pace e sicurezza, evitando però di combattere l’Isis per rinforzare Assad.

Daniel Funaro

(17 settembre 2015)