Nelo Risi (1920-2015)
“Ho fatto un pieno di versi / per la traversata dei deserti / dell’amore, là dove il viaggiare / più comporta dei rischi, dove / occorre tenere gli occhi bene aperti /perché non sempre regge il cuore”. Descriveva così la sua vita all’insegna della poesia Nelo Risi, deceduto domenica all’età di 95 anni nella sua casa di Roma, con accanto la moglie, la scrittrice e poetessa di origini ungheresi Edith Bruck. Nato a Milano il 21 aprile del 1920, fratello del maestro della commedia all’italiana Dino Risi, con lui ha anche condiviso la professione di regista, mettendovi così come nei suoi versi impegno civile e denuncia contro una società che sembrava schiacciare gli individui, raccontando con forza ma anche un velo delicato di tristezza il Novecento che attraversava.
Come suo fratello, anche Nelo si è laureato in medicina, e la sua formazione scientifica emerge più volte nelle sue poesie e anche al cinema, in particolare nella pellicola “Diario di una schizofrenica” del 1968, una di quelle per cui è maggiormente ricordato, con cui esprime il suo interesse in particolare per la psicanalisi che ritorna insistente in tutta la sua produzione. Con l’avvento della Seconda guerra mondiale è andato a combattere sul fronte russo, per poi essere internato in un lager svizzero. Un’esperienza condivisa con quella che poi sarebbe diventata sua moglie, Edith Bruck, sopravvissuta ai campi di Auschwitz, Dachau, Christianstadt, e Bergen-Belsen, e che lo ha portato a firmare, insieme ad altri testimoni del dramma tra cui Primo Levi, Lodovico Belgiojoso, Teo Ducci e Gianfranco Maris, il Memoriale ai deportati caduti nei Campi di sterminio nazisti ad Auschwitz. Memoriale italiano che è rimasto chiuso per diversi anni al Blocco 21 del campo in seguito a un riallestimento con una vocazione meno artistica e più didattica del museo di cui fa parte, e di fronte al pericolo di uno smantellamento si è dunque deciso di trasferirlo a Firenze.
Con la fine della guerra Risi ha passato un periodo a Parigi, dove si è unito a un gruppo di registi cinematografici guidato dagli americani Richard Leacock e John Ferno, impegnati a raccontare il disastro della guerra in Europa attraverso una serie di documentari. Ma la sua produzione poetica era già iniziata nel 1941, anno di pubblicazione della raccolta intitolata “Le opere e i giorni”, seguita poi da altre diciassette, tra cui le più note sono “Pensieri elementari” del 1961, “Dentro la sostanza” del 1966, “Amica mia nemica” del 1975 e l’ultima, “Né il giorno né l’ora”, uscita nel 2008. Del verseggiare di Risi, Eugenio Montale, frequentato da Nelo e sua moglie nei circoli romani, aveva scritto in un articolo sul Corriere della sera del 1957 che “deve aver imparato, più che dalla poesia, da certa recente pittura francese”.
Risi invece delle sue opere diceva che “scrivere è un atto politico” (in “Dentro la sostanza”), e in essa, con il suo vigore post ermetico, la denuncia e la malinconia per il degrado sociale e dei costumi sono accompagnate dalla speranza di riscatto e di presa di coscienza dei cittadini. I suoi versi hanno raccontato con occhio attento tutto lo svolgersi e l’evolversi del Secolo breve, decennio dopo decennio. “Stando nel cerchio d’ombra / come selvaggi intorno al fuoco / bonariamente entra in famiglia / qualche immagine di sterminio. / Così ogni sera si teorizza / la violenza della storia”, scriveva ad esempio nel 1961 nel componimento intitolato “Telegiornale”. Per poi nel 1975, in “Amica mia nemica”, mostrarsi appunto meno pessimista per il destino dell’uomo, che cercava di risvegliare: “L’idea di una vita / migliore è come forza / storica che ha valore. / E’ un’idea per noi / qua in vita e non /promessa di un aldilà”.
Poesia e impegno civile sono gli stessi temi che pervadono la produzione cinematografica di Risi, che spazia da “Una stagione all’inferno”, film che racconta la vita tormentata del poeta francese Arthur Rimbaud, ad “Andremo in città” (1966) che tocca ancora una volta il tema della deportazione nei lager, raccontando la tragica storia della giovane ebrea Lenka e del suo fratellino cieco Mischa nella Jugoslavia della Seconda guerra mondiale, tra persecuzioni e Resistenza. E nel suo ultimo lavoro, “Possibili Rapporti. Due poeti, due voci”, un film documentario sul suo amico poeta Andrea Zanzotto, Nelo si chiede infine: “La realtà ha un senso o non ha nessun senso?”. Una risposta vera non la dà neanche lui, ma si può tenere in considerazione quello che concisamente sentenzia in “Amica mia nemica”: “Quello che è stato è stato”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(24 settembre 2015)