Torino Spiritualità – Berger, scrivere al buio

john bergerGià il titolo dell’incontro,”Scrivere al buio”, aveva creato grande aspettativa nel pubblico di Torino Spiritualità, rassegna giunta all’undicesima edizione. E il dialogo tra John Berger, scrittore, poeta e pittore, e Maria Nadotti, saggista e grande conoscitrice delle sue opere, non ha deluso le attese. L’incontro, svoltosi al teatro Gobetti, si è incentrato sulla riflessione di Berger – già vincitore del Booker Prize e del James Tait Black Memorial prize, col romanzo “G”, nel 1972 – sul rapporto tra letteratura e immagine. Molte le domande, anche biografiche, sulla necessità della comunicazione e lo sviluppo di una scrittura capace di veicolare valori e connettere persone in un mondo frammentato. Parole chiave: complicità e cospirazione, un fil rouge che unisce quasi tutte le opere dello studioso.
Nato a Londra nel 1926, Berger si trovò presto ad abbandonare la famiglia per frequentare scuole private che gli concessero pochissimo tempo coi genitori e lo costrinsero nella posizione metaforica di orfano. È nata allora la sua passione per la scrittura, dal disperato tentativo di trovare un interlocutore, anche solo immaginario, col quale confrontarsi su argomenti quali politica e arte; il tema del dialogo con Nadotti sul palco di Torino Spiritualità, infatti, è proprio quello della solitudine di un uomo costretto a scrivere nell’ombra non avendo ancora quella vasta rete di contatti che gli permetterà, in futuro, di portare alla luce le sue opere.
Nel buio della sala, Berger risponde a domande sulla prosa e sul substrato preverbale che si cela dietro alla comunicazione e col quale lui, in quanto scrittore, ha sempre cercato di mantenere un contatto al fine di trovare risposte. La scrittura quindi, agli occhi di Berger, è un continuo processo di ricerca di contatto con l’impasto umano di persone provenienti da una diversa dimensione, sociale e culturale, con le quali cerca di stabilire un legame di complicità perché secondo il critico siamo tutti potenziali “orfani” in un periodo storico caratterizzato da dispersione, ipocrisia e assimilazione culturale. Simbolica è l’analisi di Berger de “L’inferno” di Hyeronimus Bosch, dove la vera natura infernale del quadro è, per i personaggi, il non potersi toccare.
Il tema dell’immagine ritorna anche nel libro “Cataratta”, scritto con l’amico e disegnatore turco Selçuk Demirel. Alla domanda di Maria Nadotti sul significato della loro collaborazione, Berger risponde: “la collaborazione non va confusa con ripetizione di immagini e significati, in quanto è tautologica e preclude la trasmissione di valori e idee. Quando due collaboratori si trovano in disaccordo, è meglio che non ci siano concessioni, che ciascuno mantenga solidamente le sue posizioni in merito, fino all’emergere di una terza idea, un terreno comune che unisca entrambe le parti. Questo è il mistero della creazione letteraria: anche quando si scrive da soli, al buio, è necessario trovare un accordo interno per far affiorare le parole alla luce.”

Emanuele Levi

(27 settembre 2015)