Ferrara – Festival Internazionale
Guardare oltre confine

Schermata 2015-10-04 alle 14.34.20Un pubblico, come in passato, tendenzialmente giovane, forse meno numeroso rispetto allo scorso anno (che comunque aveva segnato il record di presenze, con oltre 70mila persone) ma sempre molto partecipe. Parliamo del pubblico del Festival Internazionale di Ferrara, organizzato dall’omonima rivista e dedicato quest’anno al concetto di frontiere. Da quelle varcate dai profughi del Medio Oriente e dell’Africa, in cerca di una nuova vita in Europa, a quelle che si traducono in barriere da superare per chi vive dal basso le diseguaglianze sociali; si è guardato oltre confine, analizzando realtà apparentemente lontane come l’Argentina, il Niger o il Bangladesh (al blogger bengalese Asif Mohiuddin è stato consegnato il premio Anna Politkovskaja di quest’anno). Si è parlato anche di chi le frontiere non le rispetta e anzi le violenta come gli scafisti che lucrano sulle vite umane ma anche i terroristi dell’Isis, che cercano di abbattere i confini attraverso il sangue. Proprio di Isis e di jihadismo si è parlato in diversi appuntamenti tra cui quello molto partecipato con protagonisti l’orientalista e politologo francese Olivier Roy, Loulowa Al Rashid dell’International crisis group e Christoph Reuter del giornale tedesco Zeit.
Nella ricostruzione dei tre relatori emerge un conflitto fortemente locale, legato come è noto alle conflittualità interne al mondo musulmano e in particolare tra sunniti e sciiti. “Dopo la deposizione di Saddam Hussein – ha spiegato Al Rashid – la popolazione sunnita si è fortemente opposta agli americani e a chi aveva preso il potere nel paese dopo l’intervento degli Stati Uniti, ovvero governi sciiti. Si è quini creato e alimentato un risentimento sunnita, la percezione di aver subito delle discriminazioni, il sentirsi cittadini di serie b. In questo contesto lo Stato islamico, con benestare o comunque senza alcuna opposizione iniziale della realtà sunnita, ha potuto inserirsi e conquistare territori”. L’Isis, ha spiegato Reuter, autore di un’inchiesta giornalistica che ha permesso di ricostruire l’origine del movimento, non è nato dal nulla ma si fonda su un progetto realizzato da uomini legati al potere dell’ex regime di Saddam Hussein. In particolare da un ex membro dei servizi di sicurezza iracheni, noto come Haji Bakr (morto in Siria nel corso del conflitto), di cui lo Spiegel è riuscito ad ottenere diversi documenti in via riservata e in cui è raccolta l’intera strategia per la realizzazione del Califfato: infiltrarsi nelle diverse località, prima in Siria, attraverso una fitta rete di informatori e raccogliere maggiori informazioni possibili sugli abitanti (chi è l’imam, chi sono le famiglie ricche, chi è ricattabile, chi ha la fedina penale sporca), stringere gradualmente il cappio attorno a queste città e poi colpire. Tutto è calcolato, anche le efferatezze per cui l’Isis è diventato tristemente famoso in Occidente: “C’è la violenza e c’è la reazione europea. La quantità di queste efferatezze è attentamente calibrata, perché non mira a far entrare in conflitto le truppe occidentali, anzi, le scoraggia”, ha spiegato Roy.

d.r.

(4 ottobre 2015)