Francia – Ebraismo e omosessualità
due voci a confronto

Schermata 10-2457303 alle 15.43.58 Yeshaya-Dalsace-282x300 Il giornale ebraico francese l’Arche, organo d’informazione del Fonds Social Juif Unifié, pubblica un’intervista a Michael Azoulay, rabbino della Comunità ebraica di Neuilly-sur-Seine, alla periferia di Parigi, e consigliere del Gran Rabbino di Francia per gli affari sociali, e al rabbino della Comunità massorti (il movimento conservative) Yeshaya Dalsace. I due confrontano i propri punti di vista sul tema dell’omosessualità nel panorama ebraico francese.

L’Arche: Secondo voi, l’omosessualità è un argomento che dev’essere affrontato nel contesto dell’ebraismo francese?

Dalsace: È un argomento che dev’essere assolutamente affrontato poiché la problematica esiste. Esiste un certo numero di omosessuali che si trovano in una situazione di disagio nei confronti dell’ebraismo e della Comunità ebraica e questo chiaramente li mette in difficoltà.

Azoulay: L’omosessualità è un tabù immenso. In certe famiglie esistono degli omosessuali, tutti lo sanno ma nessuno ne parla. La questione non è minimamente affrontata tra gli ebrei francesi. Sebbene la legge in favore del “matrimonio per tutti” (la legge francese del 2013 conosciuta come “marriage pour tous” che autorizza il matrimonio tra due persone dello stesso sesso, ndr) abbia messo questa realtà davanti agli occhi della società francese, si assiste ancora una vera e propria paralisi nel mondo ebraico, che tuttavia prima o poi con essa si dovrà confrontare.

Dalsace: È interessante che tu percepisca questa paralisi, dal momento che nella mia Comunità l’omosessualità sta assumendo quasi la natura di un aneddoto. Molti sono venuti a confidarsi con me, e dal mio punto di vista il loro orientamento sessuale non gioca alcun ruolo.

Azoulay: Per quanto mi riguarda, le sole volte in cui degli omosessuali sono venuti a parlarmi si sono verificate in seguito a conferenze che avevo tenuto sull’argomento. Senza i miei interventi, quelle parole non sarebbero mai uscite fuori.

Dalsace: Vale lo stesso per me, i fedeli si confidano perché conoscono le mie posizioni e sanno che invece il rabbinato francese non costituisce un interlocutore. Del resto, ero rimasto davvero deluso dal saggio di Gilles Bernheim (Gran Rabbino di Francia dal 2008 al 2013, ndr) contro il “matrimonio per tutti”. Secondo me questo dibattito non riguarda l’ebraismo, nella misura in cui si tratta di una legge civile. E per quanto concerne l’omosessualità, i testi biblici non sono chiari. I riferimenti a essa sono estremamente rari e vi si condanna molto severamente il rapporto sessuale tra due uomini, nello stesso modo in cui si condannano molte altre trasgressioni. Ho le mie riserve in merito all’idea di applicare questi testi all’omosessualità oggi. Essi affrontano unicamente la questione dell’atto tecnico. Ora, nella società attuale non si parla di un atto, ma di una tendenza. Peraltro, gli studi dimostrano che l’omosessualità si rivela durante l’adolescenza, e non corrisponde a una scelta. Come si può parlare di una perversione se l’individuo non è libero di trasgredire questo divieto?

L’Arche: Effettivamente, sempre più studi indicano che l’omosessualità è decisa dalla natura molto presto nella vita di un uomo o di una donna…

Azoulay: Esiste un divario tra il lapidario testo biblico che evoca unicamente l’atto omosessuale, e quello che noi oggi indichiamo con il termine ‘omosessualità’. E se l’individuo non è libero di scegliere il suo orientamento sessuale, in nome di cosa lo si può condannare? D’altro canto però non sono d’accordo con Yeshaya riguardo al saggio di rav Gilles Bernheim. Egli aveva, secondo me, tutta la legittimità di esprimersi sul “matrimonio per tutti” nella misura in cui esponenti degli altri culti erano stati interpellati e il fatto d’istituzionalizzare una relazione diversa da quella eterosessuale urta con forza contro un fondamento biblico. D’altro canto poi nelle scuole ebraiche non si parla di omosessualità o di omoparentalità per paura di far passare questo modello come un modello morale.

Dalsace: Nel corso del dibattito sul “matrimonio per tutti”, ho potuto constatare una certa violenza nel proporre l’immagine della norma dell’eterosessualità: un papà, una mamma, una figlia, un figlio. Era d’altra parte il logo della Manif pour tous (l’associazione nata in Francia nel 2012 con la finalità di promuovere il matrimonio esclusivamente eterosessuale, l’adozione di bambini da parte di famiglie esclusivamente eterosessuali e la libertà di espressione opponendosi alle legge anti-omofobia). È così facile dire “Siate come me”. E tuttavia, qualcuno mi citi una coppia per così dire ‘normale’ nella Bibbia! Difendere il posto degli altri fa parte dei valori ebraici.

L’Arche: Cosa fare allora?

Azoulay: Sono dei testi che costituiscono sempre l’autorità, che mi si impongono. Tuttavia, questo non mi impedisce di pormi delle domande, e la Torah non deve condurre gli ebrei omosessuali a essere emarginati. Proprio come non vengono emarginati coloro che non rispettano lo Shabbat, poiché non ci verrebbe mai in mente di escluderli dalla Comunità. È importante non strumentalizzare la Torah e non giudicare le persone unicamente attraverso la lente dei testi. Vi sono i testi, e poi vi è l’umanità.

Dalsace: Penso che i testi mettano già l’accento sull’umanità, visto che certe mitzvot consistono nel difendere chi soffre. A Kippur, si legge un passo del Levitico che torna sui divieti sessuali. Questo urta la sensibilità di alcuni fedeli omosessuali, che me l’hanno fatto sapere. Ma io stesso mi sento a disagio nei confronti di certi scritti e ci sono tanti passaggi della Torah che possono creare imbarazzo. La questione è: cosa fare di tali testi? Come digerirli? Alcuni omosessuali voltano le spalle all’ebraismo ed esiste un elevato tasso di suicidi in quella parte della popolazione. Eppure, quando è questione di vita o di morte, l’ebraismo dovrebbe intervenire. Per un solo caso è possibile cambiare la legge.

Cosa rispondete agli ebrei omosessuali che vengono a confidarsi con voi?

Azoulay: Dico loro che abbiamo tutti un rapporto con la Torah che non è assoluto. Ognuno fa ciò che può e ciò che vuole. L’ebraismo non è tutto o niente. Si può imparare a vivere con questa contraddizione. Mai avrei uno sguardo colpevolizzante su un ebreo omosessuale – poiché sì, esiste questo testo, ma vi sono anche tutti gli altri testi che incoraggiano a difendere gli oppressi. Bisogna mettere in campo un enorme lavoro pedagogico.

Dalsace: Nell’ebraismo, si propone un’etica sessuale valida per tutti. L’atto sessuale non è fine a se stesso, implica una responsabilità dell’individuo che va al di là del semplice piacere. Per me, gli omosessuali devono sottostare alle medesime esigenze. Li incoraggio dunque a fondare una famiglia ebraica e a conservare un’etica nella loro sessualità, allo stesso modo degli eterosessuali. È ciò che la niddah insegna: non si fa nulla come capita, quando capita. Occorre che tutti pretendano questo da se stessi. Se una coppia di lesbiche viene da me, spiegherò loro che il loro figlio è ebreo. Se si tratta di una coppia di gay e la madre biologica non è ebrea, allora consiglierò loro di convertire il loro figlio, di celebrare il suo bar mitzvah e di fornirgli un’educazione ebraica. Certo, bisognerebbe che il Talmud Torah e le scuole ebraiche fossero in grado di accoglierlo.

L’Arche: Cosa pensate dell’attentato mortale perpetrato da un ebreo ultraortodosso al Gay Pride di Gerusalemme?

Azoulay: I versetti del Levitico che incriminano e reprimono l’atto omosessuale non potrebbero essere applicabili senza fare ricorso alle regole giuridiche della tradizione orale, in particolare quelle relative ai testimoni e al tribunale. È dunque evidente che gli omofobi che pretendono di fare giustizia da loro stessi in nome di quei versetti agiscono fuori dalla legge e sono passibili di condanna da parte del sistema di leggi che credono di far rispettare. Il Gran Rabbino di Francia Haïm Korsia d’altronde ha subito condannato quell’atto.

Dalsace: Quell’attentato, ahimè, non fa altro che illustrare una situazione di violenza verbale e psichica contro gli omosessuali da parte delle cerchie ebraiche fondamentaliste. Certamente l’aggressore è un pazzo, un criminale forsennato, ma matti di questo genere si nutrono dei discorsi e delle prese di posizione di certi rabbini che portano, dal mio punto di vista, una grandissima responsabilità. Il dramma della frangia radicale dell’ebraismo è che non vi è nulla in grado di provocare in essa una qualsiasi rimessa in discussione delle proprie posizioni, non vi riesce nemmeno la morte violenta di esseri umani. È rivoltante e fa perdere la speranza, ma non cambia nulla e personalmente sono piuttosto pessimista sull’evoluzione dei fondamentalisti, che continueranno nel loro impeto sotto l’occhio complice e passivo della gran parte degli ortodossi più moderati. Ciò di cui sono convinto è che Dio non può far altro che piangere della deriva così triste di coloro che si credono i guardiani della sua Torah… Chi ancora crede in una Torah umanista, ha delle lunghe battaglie da intraprendere.

(7 ottobre 2015)