Il settimanAle – Fermenti

alessandro-trevesI fermenti e le contraddizioni della società israeliana si riversano in una tale ricchezza di articoli interessanti, da farmi rischiare di investire più tempo a leggerli, anche solo quelli che appaiono sul quotidiano Haaretz, di quanto non ne dedichi al mio lavoro. Ho pensato di sceglierne ogni volta tre, per offrire a chi ha meno tempo di me una capsula di complessità settimanale, che se ingerita a mente fresca può forse vaccinare dagli effetti venefici che quegli stessi argomenti possono produrre, nelle febbri della polemica. E, soprattutto in settimane tragiche come quella appena passata, mi sembra utile riprenderne alcuni dalle settimane precedenti, che aiutino a vedere gli avvenimenti in prospettiva. Per comodità del lettore mi rifaccio all’edizione in inglese, disponibile online come gli originali in ebraico. Gli articoli sono facilmente rintracciabili dai nomi degli autori. Astenersi semplificatori e altri con le idee troppo chiare.
Il 3 ottobre, in un lungo appassionato contributo, Zeev Sternhell discute di come il Sionismo possa secondo lui realizzare i suoi obiettivi all’interno della Linea Verde. Si vede lo sforzo dell’anziano professore, Premio Israel nel 2008, di offrire una prospettiva positiva a quanti sono scoraggiati dall’impasse in cui sembra essersi incagliato il movimento nazionale ebraico. Più pessimista, il 2 ottobre Carolina Landsmann scrive del fenomeno in crescita dei delatori teenager. Con un titolo che richiama ironicamente Churchill, “l’ora più bella dei collaborazionisti”, l’opinionista si chiede se non sia vicino il giorno in cui i liceali denunceranno i propri genitori, se troppo liberali. Era apparso invece il 19 settembre un inedito quadretto familiare dalla penna solitamente austera di Gideon Levy, il quale ricorda i pacchi che la sua famiglia riceveva da Amos Milo, lo zio di Benjamin Netanyahu, che aveva lasciato Israele negli anni ’50, con la moglie Dita amica della madre del giornalista, per diventare un magnate dell’acciaio negli Stati Uniti. Rievocando i sentimenti ambivalenti fra gratitudine e riprovazione per chi aveva abbandonato Israele, Levy si chiede quale sarebbe stato il destino dello stato se fosse rimasto in America anche l’attuale Primo Ministro, che ora se ne erge a supremo difensore; se la sorte, potrebbero dire i romani, avesse scambiato lo zio yorèd (di successo) col nipote esitante yorbèd…

Alessandro Treves, neuroscienziato

(12 ottobre 2015)