…Cultura

La degenerazione di un luogo non è colpa del luogo, ovviamente, ma di coloro che l’hanno ridotto nelle condizioni in cui si trova. Venezia è ormai da tempo, e sempre più, una fiera di campagna, una grande bancarella di cineserie, una città che mette in mostra senza vergogna la propria infinita e inarrestabile degradazione. Turismo e idolatria del denaro hanno conquistato la palma della vittoria. A progettare una riqualificazione della città e una ricollocazione delle risorse nessuno ha interesse pensarci. È bene che continuino a disperdersi nei mille rivoli personalizzati, magari illegali, in cui oggi si vanno riversando. Nel frattempo le finanze della città sono in rosso, e un sindaco propone, sul serio o per scherzo, di liberarsi di un Klimt o di uno Chagall per risanare i conti.
Non sono mai stato a favore dei musei della memoria stantia, ma di fronte a una città in cui ormai la cultura è diventata bigiotteristica ostentazione e spettacolo (“hazirud de Baiona”, si diceva in famiglia), almeno la cultura del museo ferma e registra l’istante di gloria passata. Ma per farlo bisogna avere almeno il senso dell’esistenza della cultura e del suo valore. A meno di non ritenere che la cultura possa essere convenientemente sostituita dal denaro portato dai milioni di turisti.
Un amico carissimo mi dice sempre che gli ebrei sono più intelligenti. Io gli rispondo sempre che non è affatto vero, che anche fra di noi albergano gli sciocchi e gli insipienti, e non sono pochi. È vero però che la cultura ebraica ha dei punti fermi. È vero che la cultura ebraica è governata da un principio della cultura come fondamento imprescindibile. Per aprire una scuola si può vendere un Sefer Torah, un rotolo della Legge. L’ebraismo afferma cioè, in questo modo, che la sacralità del divino non è passiva accettazione di verità, ma passa attraverso l’acquisizione della cultura. Il Sefer, senza scuola, studio, cultura e consapevolezza, rischia di essere solo un idolo.
Venezia, senza cultura, è già solo un museo vuoto, un palcoscenico bello e disumanizzato, orpelli senza contenuto. E i sindaci ce li scegliamo noi, purtroppo sulla base dei nostri ‘ideali’. Klimt e Chagall andremo a vederceli altrove.

Dario Calimani, anglista

(13 ottobre 2015)