Qui Ferrara – Da Trieste, a Gorizia e Gradisca,
i protagonisti della storia ebraica
Trieste, Gorizia e Gradisca, tre città e tre Comunità ebraiche che oggi rientrano tutte nel territorio di competenza di quella di Trieste, ma a fronte di caratteristiche simili legate all’eccezionalità territoriale del Friuli-Venezia Giulia hanno conosciuto vicende e sviluppi specifici. Questo il filo che ha connesso gli interventi dell’ultima parte del convegno “Gli ebrei nella storia del Friuli-Venezia Giulia. Una vicenda di lunga durata”, promosso dalla Fondazione Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara in collaborazione con l’Università di Udine e l’Università degli Studi di Trieste, la Comunità ebraica e l’Associazione per lo studio dell’Ebraismo delle Venezie, e con il patrocinio dell’UCEI, della Comunità di Ferrara e del Comune, in corso nella città estense all’Istituto di Cultura ‘Casa Giorgio Cini’.
“Le Comunità ebraiche hanno avuto per Gorizia e Gradisca un ruolo di trait d’union non solo tra le varie anime ebraiche di cui erano composte, ma anche in generale con le varie culture presenti nel loro territorio”, ha spiegato Maddalena Del Bianco, ordinario di Storia delle religioni all’Università di Udine, delineando la storia delle due Comunità, con le politiche delle istituzioni governative che si sono succedute ma anche la commistione tra le religioni e culture ebraica, germanica e italiana, attraverso quella delle famiglie che le componevano in età moderna e contemporanea. E tra i personaggi di spicco di quei tempi e luoghi, non potevano rimanere nell’ombra due protagonisti della storia del pensiero ebraico, Isacco Samuele Reggio e Graziadio Isaia Ascoli. Due figure polivalenti: Reggio, rabbino e filosofo, vissuto a cavallo tra Sette e Ottocento e tra il mondo austriaco e quello italiano, “mise la dimensione esegetica e storico critica al servizio dello studio del rapporto tra filosofia e religione, dedicandosi alla comprensione filosofica della religione ebraica”, come sottolineato da Marco Grusovin, professore presso lo Studio teologico interdiocesano di Gorizia, Trieste e Udine e l’Istituto superiore di scienze religiose di Udine; Ascoli, figura di spicco dell’Ottocento, linguista illustre e grande attivista politico, fu invece anche un fervente e convinto sostenitore della causa rinascimentale. “Anche lo stesso studio della lingua di Ascoli non è mai un lavoro esclusivamente tecnico e filologico, ma al contrario vi è sempre presente la sua passione per la causa nazionale e un fortissimo impegno civile”, ha affermato Fulvio Salimbeni, docente di Storia contemporanea all’Università di Udine.
Una commistione che è in effetti il tratto distintivo del Friuli-Venezia Giulia, e a dimostrarlo largamente sono anche l’arte e le pratiche funerarie. Nel cimitero ebraico ottocentesco di Trieste, che fu in funzione per più di cinquecento anni, sono presenti tutti gli stili funerari che si sono sviluppati dal 1843 a oggi ma anche tantissime lingue, tra cui ebraico, francese, inglese, russo e una anche il latino, ha spiegato nel suo intervento Livio Vasieri, studioso di storia triestina e Consigliere della Comunità ebraica di Trieste. Tra le opere da lui citate anche una tomba “molto speciale, recante un testo in ebraico di una delle più importanti personalità ebraiche di allora, la poetessa Rachele Luzzatto Morpurgo, cugina di Shemuel David Luzzatto”. Ma anche lo studio delle antiche epigrafi funerarie della regione, oggetto dell’intervento di Mauro Perani, professore di ebraico all’Università di Bologna, mette in evidenza la coesistenza delle culture italiana, ashkenazita e sefardita.
Una coesistenza che ha riguardato nel corso dei secoli e soprattutto del Novecento anche le correnti di pensiero. Marco Benchich, ricercatore dell’Università di Trieste, ha analizzato aspetti e caratteristiche peculiari del movimento sionista a Trieste nei primi tre decenni del secolo, che fino alla Prima guerra mondiale ebbe in Dante Lattes il suo principale ispiratore, ricostruendone l’attivismo “nel clima di incerta e mutevole tolleranza degli anni Venti, un periodo in cui movimenti e associazioni sgradite al Governo fascista venivano soppressi senza troppi problemi”. Fascismo il cui avvento fu più precoce che in altre zone d’Italia, specialmente per quanto concerneva gli aspetti dell’antisemitismo e del razzismo facendo di Trieste un punto centrale per la sua influenza già dagli anni Venti, ha spiegato René Moehrle, docente e ricercatore all’Università di Treviri. “Mussolini vi fece in quegli anni tre visite personali, e la scelse poi nel 1938 per annunciare all’Italia le leggi razziste, facendo l’unico discorso pubblico in cui abbia mai preso posizione sulla questione ebraica, e non è un caso che si abbia voluto rivolgersi in primo luogo proprio agli ebrei triestini”, ha detto Moehrle. Un evento ricordato anche da Mauro Tabor, Consigliere UCEI, assessore alla cultura della Comunità di Trieste nonché direttore del museo ebraico della città “Carlo e Vera Wagner”. “Tutta la Comunità era presente in piazza dell’Unità, anche a causa di una certa preoccupazione tra i suoi membri che si era annidata quell’anno dopo il censimento della popolazione ebraica e il divieto di iscrizione degli ebrei alle scuole del Regno”, ha raccontato. “Ho raccolto più e più testimonianze di persone che erano presenti, all’epoca ragazzi – ha concluso – che sono andati lì sentendosi per prima cosa italiani, e sono tornati a casa solamente come ebrei”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(14 ottobre 2015)