In ascolto – Kanye West

Maria Teresa MilanoA volte succede. Media e social network preparano con attenzione l’evento, creano grandi aspettative, l’attesa sembra non finire mai e quando è il momento di godersi lo spettacolo il botto non arriva e ci si ritrova a dire: “Beh? Tutto qui?”. A volte succede, anche ai grandi, dunque non se ne abbia a male Kanye West, che da una settimana viene bistrattato dai giornali israeliani, dopo due mesi di promozione a tappeto per un concerto che a detta di tutti avrebbe dovuto essere storico.
Kanye West, produttore discografico e cantante, che ha venduto 30 milioni di brani digitali e ha vinto 11 Grammy Awards, è certamente un grande artista ma ha non pochi problemi di egocentrismo e manie di grandezza, è un uomo che definisce se stesso “un genio”, nonché “la voce di una generazione”.
La madre ha abbandonato la carriera universitaria per fargli da manager, mentre il padre è un ex Black Panther, dunque abituato a ‘compagni’ del calibro di James Brown e Miriam Makeba, che più volte si è espresso pubblicamente contro certi suoi testi denigratori. Ma fosse solo un problema di canzoni! Kanye West è riuscito a fare gaffe incredibili anche fuori dal palcoscenico, come quando ha dichiarato in tv che “I neri non hanno relazioni ad alti livelli come hanno invece gli ebrei” o quando al Big Chill Festival in Inghilterra si è sfogato con il pubblico, lamentando il fatto che la gente lo guarda male, manco fosse una sorta di Hitler. Poi, ispirato, ha concluso: “Ma un giorno la luce tornerà a brillare e allora tutti capiranno quel che ho saputo fare”.
Speriamo, ma nel frattempo i 25.000 spettatori che hanno pagato tra 60 e 170 dollari per ascoltarlo, in piedi, al Ramat Gan Stadium continuano a non capire come mai l’altra sera il re incontrastato dell’hip hop, quello che ha fatto risuonare la nostra estate con “Four Five Seconds” in compagnia di Rihanna e Sir Paul Mc Cartney, abbia offerto una performance così deludente, rendendosi anche un po’ ridicolo per l’uso o meglio l’abuso dell’auto-tune, come ha scritto Ha’aretz. Ami Friedmann, in YnetNews ha commentato: “per chi di noi ha certi standard e si aspetta qualcosa in più della semplice presenza dell’artista, sarebbe stato sufficiente un dvd”. Il Jerusalem Post ci è andato giù ancor più pesante delineando un profilo tutt’altro che nobile dell’artista e ha ricordato quando qualche tempo fa ha dichiarato di voler presentare la candidatura alla presidenza USA nel 2020. Non manca chi ha scherzato sul fatto che forse questa visita in Israele gli creerà credenziali per le sue competenze in materia di politica estera.
Povero Kanye West, e dire che lui e la moglie Kim Kardashian, amano così tanto Israele da aver scelto Gerusalemme per battezzare la figlia lo scorso aprile.
Ma il flop a Ramat Gan non abbatterà di certo l’artista, che ha già deciso di trascorrere le vacanze con la famiglia nel magnifico appartamento a due piani a Tel Aviv, acquistato dalla sorella di lei per 30 milioni di dollari. D’altronde, già dieci anni fa cantava: “Throw your hands up in the sky and say we don’t care what people say”.

Consiglio di ascolto: Miri ben Ari, violinista hip hop israeliana, dedicato a Martin Luther King; su di lei l’ex Black Panther, padre di Kanye West non avrebbe nulla da dire.

Maria Teresa Milano

(15 ottobre 2015)