Qui Torino – Il progetto UCEI
A scuola, la salute in movimento

Qui Torino - La salute psicomotoriaTre giorni di lavoro intenso, faticoso ed entusiasmante. Accolto con curiosità, interesse, e i pochi dubbi iniziali sciolti rapidamente per arrivare a una grande soddisfazione nella fase finale, il progetto “La salute psicomotoria” delle commissioni Affari sociali e Scuola, Formazione e Giovani dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è partito quest’anno dalla materna Colonna e Finzi di Torino. La collaborazione fra la Fondazione Villa Santa Maria, istituto d’avanguardia nel campo dei disturbi della psicomotricità e della comunicazione che vanta una intensa collaborazione con realtà d’eccellenza della sanità israeliana e il centro di riabilitazione dell’ospedale di Beer Sheva di cui la neuropsichiatra infantile Marina Norsi presente in questi giorni a Torino è stata direttrice aveva già portato a una sperimentazione simile nella scuola di Milano negli scorsi anni, che aveva portato a risultati molto interessanti. Così ora, primissima tappa di un percorso che durerà fino all’estate 2016 e che coinvolgerà anche i bambini delle comunità di Firenze e Trieste, il progetto si articola in un insieme di attività di formazione degli educatori e degli insegnanti insieme all’osservazione dei bambini dai 12 mesi ai quattro anni, che saranno coinvolti anche in un laboratorio di psicomotricità. “Sono stati tre giorni importanti, e anche gratificanti sia per gli insegnanti che per me – ha spiegato la dirigente scolastica Sonia Brunetti – e sono un ulteriore passo avanti nel potenziamento della nostra offerta formativa, che è stato apprezzato e ben compreso dalle famiglie. Sono in particolare molto contenta di come nella fase finale siano state riconosciute alla scuola dell’infanzia grandi qualità nell’organizzare il tempo scuola in maniera efficace e adatta ai bambini”.
Preceduto da una fase di informazione delle famiglie, che si sono mostrate non solo interessate, ma partecipi e molto favorevoli al lavoro, il progetto consente una valutazione dei fattori disadattivi che ostacolano lo sviluppo dei bambini: l’educazione psicomotoria, infatti, coinvolge i bambini della globalità della loro crescita, e diventa uno strumento fondamentale per favorire lo sviluppo di competenze anche apparentemente scollegate da esso. “Si tratta di un approccio totalmente condiviso dalle insegnanti – ha continuato Brunetti – che hanno potuto verificare con grande soddisfazione una corrispondenza con l’impostazione generale che la scuola porta avanti da anni”.
Il linguaggio corporeo e l’azione, infatti, sono canale espressivo privilegiato, in un processo di crescita che non è solo fisica e motoria, ma anche intellettiva, affettiva, relazionale e, quindi, comunicativa. Si tratta di aspetti strettamente correlati, che quando sono accompagnati in uno sviluppo armonico portano a una costruzione positiva della personalità dei singoli, e un passo fondamentale è l’inclusione di strategie preventive che possano aiutare chi di loro si occupa a individuare il prima possibile punti di forza e di debolezza dal punto di vista psicomotorio.
“Il cervello è l’organo più plastico su cui l’essere umano possa contare. Una potenzialità enorme che raggiunge il suo apice nei bambini di due anni e si mantiene tale fino ai quattro. È il periodo in cui dobbiamo investire, a questi bambini dobbiamo rivolgere la nostra attenzione: i risultati saranno eccezionali”, ha spiegato la dottoressa Norsi, che in questi giorni ha partecipato attivamente e intensamente al lavoro con i bambini insieme a quattro terapiste della neuropsicomotricità dell’età evolutiva. Presenti a Torino in questi giorni anche il consigliere UCEI Giorgio Mortara, a sua volta medico e direttore dell’Associazione Medica Ebraica che tanto ha fatto per portare avanti il progetto insieme a Daniela Pavoncello, a sua volta consigliera dell’Unione e coordinatrice della Commissione Scuola, Formazione e Giovani. che lo ha sviluppato, e Odelia Liberanome, che porta la responsabilità di coordinare tutto il progetto. È stato il dottor Mortara a spiegare: “L’iniziativa parte dall’esperienza che abbiamo già realizzato al nido e alla scuola all’infanzia della Scuola della Comunità ebraica di Milano. Il riscontro è stato estremamente positivo e per questa ragione abbiamo pensato fosse importante offrire la possibilità di esserne coinvolte anche ad altre strutture. A livello scientifico è ormai sempre più chiara l’importanza di individuare eventuali disturbi ma anche potenzialità nei bambini ancora molto piccoli, per poter intervenire efficacemente. In Israele sono all’avanguardia, con questo tipo di diagnosi che portano avanti sui neonati già a partire dall’età di sei mesi”.
Molte delle attività svolte sono già parte del lavoro quotidiano e della normalità della scuola dell’infanzia della comunità di Torino, che integra nel programma settimanale delle proprie attività il laboratorio di psicomotricità, e tutte le insegnanti coinvolte hanno espresso la soddisfazione di vedere riconosciuta la qualità del proprio lavoro, che ha colpito in maniera molto positiva la dottoressa Norsi, che nella sessione finale di questa prima fase torinese, dedicata alla valutazione e alla restituzione ha voluto sottolineare la qualità e la professionalità del lavoro già normalmente svolto nella scuola. Estremamente positive anche le reazioni delle insegnanti “Mi ha molto colpito vedere in concreto come la ricerca incontra la professionalità scolastica, e come occasioni di questo genere permettano anche a noi che lavoriamo insieme tutti i giorni di confrontarci in maniera differente” è stato il commento di Chiara Cresce, che aveva già avuto modo di lavorare con il personale di Villa Santa Maria che ha seguito e sostenuto un suo percorso di formazione specifica sull’autismo. “Andare a Beer Sheva ad approfondire la formazione sarebbe un sogno”, ha continuato. La coordinatrice della scuola dell’infanzia, Marina Menghi, ha sottolineato come oltre al valore del progetto sia stato importantissimo avere la possibilità di confrontarsi con un occhio esterno sia stato importantissimo, e nonostante l’approccio proposto sia già molto vicino a quanto quotidianamente messo in pratica in una scuola “che lavora così da sempre” la preparazione teorica forte delle persone che hanno lavorato in questi giorni a Torino, unita alla loro sensibilità e attenzione sono state uno stimolo importante per tutti. Importantissimo sarebbe anche – questa la richiesta provenuta da tutti – avere più occasioni di scambio e confronto anche fra le diverse scuole ebraiche italiane, da sempre pronte a collaborare tra loro ma coinvolte in questo periodo in un progetto unico, su cui il lavoro comune potrebbe avere un impatto ancora più forte, per innalzare ancora il livello di eccellenza delle scuole ebraiche italiane.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(22 ottobre 2015)