Israele fra nazione e politica

Schermata 10-2457323 alle 14.02.45I movimenti politici di destra e la fondazione dello Stato d’Israele. A questo intreccio è dedicato l’ultimo libro di Vincenzo Pinto, storico del nazionalismo ebraico, In nome della patria. Gli ebrei e la cultura di destra nel Novecento (Le Lettere editore). A presentarlo assieme all’autore alla Fondazione Camis De Fonseca di Torino nel corso dell’incontro organizzato dall’Associazione Italia-Israele, lo storico Alberto Cavaglion e Giorgio Berruto. L’opera analizza la storia d’Israele attraverso i movimenti politici legati alla destra israeliana e lo fa focalizzandosi sulle vicende specifiche di sei personaggi, accomunati dall’essere intellettuali ebrei impegnati politicamente, a metà strada tra l’Europa e lo Stato ebraico. Si tratta di Vladimir Ze’ev Jabotinsky, padre del sionismo politico di destra; Isaac Kadmi–Cohen, ebreo polacco, attivo in Francia negli anni Venti e Trenta; Joseph Klausner , figura rilevante della storiografia ebraico-sionista; Abba Achimeir, appartenente al movimento sionista-revisionista radicale; Hans Joachim Schoeps, promotore di una fusione tra ebraismo tedesco e nazionalismo tedesco ed Ettore Ovazza, ebreo torinese alla ricerca di un contatto diretto tra ebraismo e fascismo.
Si tratta di intrecci complessi e in alcuni casi spinosi, ha sottolineato in apertura Cavaglion, riconoscendo al libro il merito di dare un contributo significativo alla comprensione delle varie sfaccettature del legame tra la cultura di destra in seno all’ebraismo e il nazionalismo connesso alla nascita d’Israele.
“Il libro – commenta invece Berruto – non è un saggio teso a svelare lo schieramento di destra dello Stato d’Israele, quanto più un tentativo di studiare sei figure portatrici di specificità”. Si può tuttavia ritrovare un filo rosso tra gli autori, tre dei quali, Jabotinsky, Achimeir e Klausner, promotori di una determinata visione del sionismo e mossi dall’aspirazione a veder nascere lo Stato d’Israele. Le altre figure prese in esame, invece, si sono spinte a ricercare soluzioni alternative, come nel caso di sintesi tra ebraismo tedesco e nazismo di Schoeps o di identità ebraica e fascismo con Ovazza.
A prendere poi la parola, l’autore che ha spiegato come i sei personaggi non siano intellettuali puri, ma impegnati direttamente nell’arena politica dell’Europa del Novecento. Si tratta perciò di intellettuali attivi. Pinto si è poi soffermato su due figure in particolare, quella di Jabotinsky e di Ovazza, accomunate da una visione sentimentale ed estetica della politica, dove l’immagine ha la meglio sulla parola politica. Entrambi accomunati dall’idea di rinascita degli ebrei, realizzabile attraverso l’immersione di questi ultimi nel mondo della politica del loro tempo. Mentre per Jabotinsky questa rinascita era possibile solo in Israele, per Ovazza quest’operazione era possibile nella stessa Italia fascista.
A concludere l’incontro le parole del Angelo Pezzana, presente tra il pubblico, che sottolinea l’importanza che ricopre l’opera di Pinto, perché obbliga ad affrontare un argomento che si è cercato sempre di evitare e su cui si è fatto e si fa facilmente confusione. Questa confusione è di tipo principalmente terminologico, perché si ha la tendenza ad applicare ad Israele e agli schieramenti politici ad esso associato, etichette del mondo occidentale. In questo modo si crea una distorsione dei significati e quindi dei contenuti di molti dibatti politici attuali.

Alice Fubini

(27 ottobre 2015)