Baracche
Da anni, su queste colonne, scrivo di Rom e romeni.
Affermando che i primi sono gli ‘ultimi’ della nostra società, mentre i secondi vengono sfruttati di tanto in tanto dalla propaganda politica come emblema di categorie abiette, in primis lo stupratore e poi anche del rapinatore. Ancora poche settimane fa – soprattutto per merito di Matteo Salvini – sembrava che l’Italia fosse preda di un’orda di zingari e che la principale sfida nazionale fosse quella di ripulire i campi rom a mezzo ruspa. Poi per fortuna siamo stati invasi dai topi d’appartamento e da un po’ ci siamo dimenticati di Rom e romeni.
Domenica scorsa ho incontrato un mio parente, la persona più mite del mondo. Da un paio d’anni ha comprato una bella casa che affaccia sul Tevere, in una zona non elegante ma in grande sviluppo. Poco dopo il suo trasferimento un gruppetto di nomadi (il significato è letterale) ha deciso di stabilirsi sul greto del fiume, proprio sotto alle sue finestre. Da poche unità si è passati rapidamente a un paio di centinaia. E, tralasciando i piccoli reati contro il patrimonio, si sono aggiunti roghi notturni e generatori elettrici rumorosi.
I cittadini hanno guardato a tutto ciò con crescente apprensione, invocando l’intervento dei vigili e poi della polizia. Senza essere ascoltati. Finalmente, qualche giorno fa, lo sgombero. A dimostrazione che la crisi del Campidoglio non interrompe l’attività ordinaria, arrivano polizia, polizia municipale, netturbini e camion. I poveracci se ne vanno – speriamo che per loro fosse immaginata qualche forma di assistenza sociale, almeno per i bambini… – e le macchine si riempiono con tonnellate di materiali.
Tutto è bene quel che finisce niente? “Manco pe’ gnente!”. La sera stessa tornano al fiume le prime avanguardie e cominciano a dar di martello. In pochi giorni le baracche sono di nuovo lì, secondo alcuni più solide di prima perché in legno anziché in lamiera. E giù di nuovo con denunce, esposti e frustrazioni. Perché nessuno ha pensato di mandare – lo stesso giorno! – una pattuglia a controllare, un poliziotto a sconsigliare. Se non altro per rispetto dei soldi pubblici appena spesi per lo sgombro.
In tutti questi mesi, nessun abitante si è lasciato andare ad atti violenti, razzistici, intolleranti. Ma nessuno può giurare che duri all’infinito. E lo stesso dicasi per tanti altri episodi di ordinaria maturità dei cittadini in giro per l’Italia. Di chi sarà la colpa al primo incidente?
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter: @tobiazevi
(3 novembre 2015)