“Lotta al fanatismo religioso
la sfida del nostro tempo”

sacks “Un altro esempio di persone che invocano il nome di Dio per giustificare la violenza contro innocenti. Siamo chiari: non si tratta di un atto di santità, ma di sacrilegio”. Così il rav Jonathan Sacks, ex rabbino capo del Regno Unito e del Commonwealth ed esponente di spicco dell’ebraismo internazionale, ha definito la strage di Parigi nel messaggio divulgato per esprimere solidarietà alle famiglie delle vittime e ai feriti e allo stesso tempo condannare con forza il fanatismo religioso. Un tema che sta molto a cuore al rabbino, il cui ultimo libro Not in God’s Name analizza le radici del fenomeno e cerca di trovare delle possibili soluzioni per combatterlo. “Il terrore – ha proseguito Sacks – è la quintessenza dell’idolatria. Il suo linguaggio è la forza, il suo principio è uccidere quelli con cui si è in disaccordo”.
Come in tutti gli attacchi guidati dall’odio e dall’integralismo, anche questa volta “le vittime sono state scelte casualmente, arbitrariamente e indiscriminatamente”. Sacks mette tuttavia in guardia sul fatto che lo Stato Islamico, che li ha rivendicati, non è la vera faccia dell’Islam. Ciononostante, “negare la connessione con l’Islam sarebbe come negare la realtà di fronte a cui ci troviamo”. Alla base dell’azione del Califfato, spiega quindi, vi è quindi una radicale dicotomia, quella tra “i figli della luce e i figli del buio”. Mentre i primi, che seguono il suo percorso, sono dunque illuminati, i secondi, che deviano, sono destinati a essere eliminati dalla faccia della terra, e tale ideologia ha come risultato quello di “mettere coloro che nell’Occidente considerano valido il nostro modo di vita di fronte alla più incalzante sfida del nostro tempo”.
Come reagire dunque a quella che costituisce un’ennesima “cicatrice inflitta alla coscienza collettiva dell’Europa”? “Dobbiamo stare uniti, uomini e donne di ogni fede e di nessuna – l’appello di Sacks – per mostrare a quanti vogliono cercare di seguire una via differente dalla nostra che il loro terrorismo non metterà in pericolo i valori fondamentali su cui si costruisce una società: fiducia, sicurezza, libertà civili, tolleranza e apertura dei paesi a quanti cercano sinceramente asilo”. E la conclusione non ammette eccezioni: “Il terrore non potrà mai condurre a una società libera”.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(17 novembre 2015)