Je suis Paris – Parla il rav di Saint Denis
“È fondamentale andare avanti,
come prima e più di prima”

belinow “Al terrore non c’è risposta migliore che andare avanti con le nostre vite come sempre, o meglio – fare ancora di più”. A colloquio con Pagine Ebraiche proprio nelle ore in cui gli eventi sono nel corso del loro pieno svolgimento, dimostra di avere i nervi ancora saldi e di essere determinato a non cedere di fronte alla confusione Mendel Belinow, rabbino del centro Chabad di Saint Denis, il comune dell’Île-de-France dove si trova lo Stade de France, uno dei luoghi colpiti dagli attacchi terroristici degli ultimi giorni. Sempre lì la polizia ha effettuato un blitz antiterrorismo per arrestare gli autori delle stragi, in seguito al quale sono morte tre persone e ne sono state fermate sette. Un atteggiamento risoluto mantenuto anche di fronte al rinnovarsi della barbarie antisemita, con un nuova aggressione con coltelli avvenuta a Marsiglia ieri sera. Obiettivo un professore di storia in una scuola ebraica al suo ritorno a casa con in testa la kippah, vittima prima di insulti e minacce razziste e poi accoltellato a un braccio e una gamba da tre aggressori che si sono identificati come militanti dello Stato Islamico. A Pagine Ebraiche il rav Belinow racconta anche il legame con lo zio Ytzach Belinow, rabbino della sinagoga Beth Halevi di Milano, che nel capoluogo lombardo fornisce anche certificazioni di casherut ai vari prodotti. La sua famiglia si è detta sollevata nell’apprendere che né Mendel né nessun altro ebreo della Comunità francese è stato colpito dagli attentati o nei raid della polizia.
La situazione, racconta però il rav, “è ancora di grande emergenza, tutto è in pieno svolgimento e non ci è ancora concesso tirare sospiri di sollievo”. Dopo lo choc degli attentati terroristici allo Stade de France, nel corso dell’azione della polizia “le sparatorie hanno fatto ulteriormente crescere la tensione.”. Il procuratore di Parigi Francois Molins ha infatti parlato di 5 mila colpi sparati dalla polizia, e all’inizio del blitz una donna kamikaze ha reagito facendosi esplodere. “I membri della Comunità ebraica della cittadina hanno reagito con forte preoccupazione, ma sono convinto della necessità di non cambiare le loro abitudini” spiega Belinow, che dopo ventiquattro anni passati come rabbino a Saint Denis, afferma di conoscerne bene il contesto sociale e demografico a tal punto da mantenere il controllo anche di fronte agli eventi più drammatici.
Nel comune, spiega, risiedono all’incirca 15 mila ebrei, e si tratta di “una delle Comunità più grandi e più attive di Francia”. La vita ebraica prosegue dunque regolarmente, con scuole, sinagoghe, bagni rituali e centri di studio e di cultura sempre aperti. A Saint Denis vive anche una Comunità musulmana di notevoli dimensioni, con cui il rav ha sempre cercato di mantenere buoni rapporti. “Sono rabbino qua da molto tempo e dunque i leader musulmani locali mi conoscono bene”, riporta. Nonostante ci siano stati in passato alcuni episodi di violenza antisemita nei confronti della popolazione ebraica, non si è registrata una crescita negli ultimi mesi e in ogni caso, fa notare il rabbino, “tra leader abbiamo più volte dialogato e cercato di fare cose insieme”. Di certo sebbene non ci siano mai stati macroscopici problemi di convivenza, secondo il rav “non si può comunque dire che sia amore, e tutto sommato non posso dirmi stupito del fatto che i terroristi abbiano scelto proprio qui come rifugio per potersi nascondere”.
Naturalmente gli ultimi eventi hanno cambiato le carte in tavola, e alla domanda su quale debba essere il ruolo di una guida spirituale in un contesto di simile tumulto, il rav Belinow risponde: “Non posso esprimermi in generale, ma sono qua e sto vivendo questi momenti con la mia Comunità e dunque posso parlare per quello che riguarda Saint Denis. Vedo che le persone di fronte alla violenza e al disordine si sentono, oltre che impaurite, perse, incerte, non sanno bene cosa fare e come reagire. Per questo – osserva – quello che devono fare i loro leader spirituali è costituire un punto di riferimento solido, e lanciare forti e inequivocabili messaggi di positività”. Per questo, per restare positivi, insiste, la vita ebraica deve andare avanti: “Abbiamo sinagoghe da amministrare, ragazzi da educare, c’è già molto a cui pensare ma è adesso il momento di fare anche di più, per mostrarci forti e sempre più uniti”. Una coesione e una solidarietà che Belinow spera possano arrivare anche dall’esterno: “Se la mia famiglia a Milano mi vorrà aiutare, se chiunque nel mondo, individuo o Comunità, si sentirà pronto a dare una mano, penso che sarà un segnale davvero importante”. E nel frattempo, conclude, “ci prepariamo a celebrare Chanukkah, la festa della luce”.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(19 novembre 2015)