Qui Milano – Tradizione, guida per il presente

IMG_20151118_212003_edit È l’accettazione e l’elogio della complessità uno dei messaggi più forti di Con lo sguardo alla luna, il nuovo libro del rav Roberto Della Rocca edito da Giuntina, presentato ieri sera al Teatro Franco Parenti di Milano attraverso un dialogo dell’autore con Lucia Castellano, direttrice del carcere di Bollate e lo psicanalista Massimo Recalcati, coordinati dalla direttrice del teatro Andrée Ruth Shammah. La complessità a cui fa riferimento il rav è quella ebraica in cui lo studio e le domande non si esauriscono mai e che è il risultato di una “continua osmosi tra regole molto precise e la dimensione introspettiva – ha osservato Della Rocca – ma anche dell’uomo stesso che vi viene presentato con tutte le sue debolezze e le sue sfaccettature”. Con lo sguardo alla luna va a fondo di questa eredità così ricca proponendo vari spunti di riflessione nella ricerca e nella costruzione di un percorso di vita ebraica; si tratta di un’opera che costituisce, nella definizione di Shammah, di una “guida pratica per capire a cosa apparteniamo con la speranza di essere un elemento che arricchisca la società”.
Molti gli episodi biblici che hanno particolarmente colpito gli ospiti della serata. Da quello della torre di Babele, emblematico secondo Recalcati della “ambizione degli uomini a costruire un solo popolo, che è ciò che accade in ogni fondamentalismo”, a quello della permanenza degli ebrei nel deserto, che si fa dunque – come ha notato Castellano – “simbolo di un percorso interiore, che porta alla teshuvah”. Entrambi sono rimasti colpiti dalla modernità della Torah, e il rav Della Rocca ha messo in guardia dalla tendenza a “etichettare l’eredità antica come qualcosa di vecchio e superato”. Al contrario è proprio l’immagine dell’uomo che ne emerge a costituire l’unico modello possibile da seguire nell’epoca attuale: “Nell’ebraismo non vi è mitologia, non vi è uno Zeus morto senza essere vissuto, bensì personaggi imperfetti in cui ritroviamo tutte le nostre debolezze e la nostra complessità”.
La vita ebraica è dunque il frutto di questo equilibrio tra introspezione e dimensione esperienziale che è l’unico modo di “uscire dai cliché e non diventare una celebrazione di se stessi”, ha sottolineato il rav. Uno spirito che costituisce la forza del popolo ebraico, riuscito così a rialzarsi più volte nel corso della storia. “Oggi viviamo un momento in cui ci sono molte verità assolute e poco pensiero, e allo stesso tempo siamo vittime e ostaggio di tanta retorica e tanto vittimismo, anche nel mondo ebraico stesso”, ha affermato Della Rocca. “Per uscire da questi ghetti mentali l’ebraismo ci offre lo studio, il più grande strumento per rinnovarsi”. Quanto sia fondamentale – ha concluso – lo dimostra il Talmud letteralmente fin dalla prima parola, che inizia con la consonante ‘beth’, la seconda dell’alfabeto. “Perché anche quando si crede di aver studiato tutto, in realtà manca sempre qualcosa”.

f.m. twitter @fmatalonmoked

(19 novembre 2015)