…certezze

La violenza ci sta sconvolgendo il vivere quotidiano, ma soprattutto ci sta ingarbugliando le certezze.
Come nelle cronache calcistiche dove tutti diventano tecnici, anche in questo caso ciascuno ha la sua la idea chiara sulle cause e sulle conseguenze e, soprattutto, ciascuno conosce la soluzione giusta e più sicura per sconfiggere il nemico. Gli ideologi di professione scaricano tutta la colpa su Israele, qualche pseudo-giornalista riesce anche a far passare la solita insinuazione antisemita secondo la quale dietro all’Isis c’è proprio Israele, i terzomondisti recitano il mea culpa a nome della civiltà occidentale (che non è mai del tutto ingiustificato), la destra populista si scaglia scomposta contro tutto l’Islam.
In questi giorni, si chiede all’Islam di dissociarsi, di levare alta la voce contro la disumanità dell’Isis/Daesh. Le reazioni dell’Islam moderato sono piuttosto tiepide: qualche voce si staglia netta, ma le piazze rimangono vuote. Sembra che anche loro siano un po’ confusi e non sappiano che pesci pigliare. Forse qualcuno ancora non ha deciso da che parte stare e per ora preferisce stare alla finestra. Fra i garantisti, c’è chi afferma che è scorretto chiedere all’Islam moderato, quello sano, di dissociarsi, perché ciascuno risponde alla propria coscienza. Il discorso non fa una piega, in linea di principio, ma non lo si chiede all’Islam che sta in Africa, lo si chiede all’Islam che sta in Europa, all’Islam con cui viviamo gomito a gomito. Sapere da che parte sta non è solo invadente curiosità ideologica, ma voglia di sicurezza e di civiltà.
Che l’Islam si esprima e si tolga il velo, metaforicamente parlando, fa bene alla nostra conoscenza e alla nostra tranquillità, fa bene alla nostra disponibilità di accettazione dell’altro, ma è utile anche, soprattutto, all’Islam stesso, per un messaggio deciso e inequivocabile agli islamici incerti, ai fiancheggiatori ideali, a coloro che amano pensare che il terrorismo Daesh sia la giusta vendetta per lo sfruttamento coloniale o per le ingerenze nella politica dei paesi islamici, e dimenticano invece che l’Europa, volente o nolente, ha aperto loro le porte salvandoli da una vita in cui, evidentemente, non si trovavano proprio a loro agio. All’Islam moderato, insomma, si chiede un gesto che produca cultura, perché in questo universo globale, aprire le porte di casa a chi ne ha bisogno, e anche a chi non ne ha bisogno, è diventato inevitabile e naturale. Ma se il velo al volto lo si accetta con un po’ d’ansia, il velo al pensiero preoccupa un po’ di più. Si tratta semplicemente di sapere chi è venuto per condividere il tuo appartamento, e preoccuparsi che non cambino, per questo, le regole del vivere civile e la sicurezza di tutti.

Dario Calimani, anglista

(24 novembre 2015)