Cento anni di Relatività
C’è una situazione paradossale al centro della nostra conoscenza del mondo fisico. Il Novecento ci ha lasciato le due gemme di cui ho parlato: la relatività generale e la meccanica quantistica. […] Eppure le due teorie non possono essere entrambe giuste, almeno nella loro forma attuale, perché si contraddicono l’un l’altra. Uno studente universitario che assista alle lezioni di relatività generale il mattino e a quelle di meccanica quantistica il pomeriggio non può che concludere che i professori sono citrulli, o hanno dimenticato di parlarsi da un secolo: gli stanno insegnando due immagini del mondo in completa contraddizione. La mattina, il mondo è uno spazio curvo dove tutto è continuo; il pomeriggio, il mondo è uno spazio piatto dove saltano quanti di energia.
Il paradosso è che entrambe le teorie funzionano terribilmente bene. La Natura si sta comportando con noi come quell’anziano rabbino da cui erano andati due uomini per dirimere una contesa. Ascoltato il primo, il rabbino dice: “Hai ragione”. Il secondo insiste per essere ascoltato, il rabbino lo ascolta, e gli dice: “Hai ragione anche tu”. Allora la moglie del rabbino, che orecchiava da un’altra stanza, urla: “Ma non possono avere ragione entrambi!”. Il rabbino ci pensa, annuisce, e conclude: “Anche tu hai ragione”.
Questo gustoso brano è tratto dal best-seller Sette brevi lezioni di fisica (Adelphi 2014, pp. 47-48) del noto fisico teorico Carlo Rovelli. Che per illustrare la contraddizione fra le teorie della fisica moderna si faccia ricorso a una metafora rabbinica è già di per sé interessante. È pur vero che gli scienziati di punta delle due teorie erano in buona parte ebrei: rabbini non lo erano, ma fra i loro nonni o bisnonni qualche rabbino, molto probabilmente, ci sarà stato.
Tutti sanno che il primo e massimo esponente della teoria della relatività fu Albert Einstein. La teoria della relatività generale fu presentata all’Accademia prussiana delle scienze di Berlino esattamente cento anni fa, il 25 novembre 1915. Meno nota al grande pubblico è la figura di spicco della meccanica quantistica, il danese Niels Bohr (anche lui, come Einstein, ebreo). Il conflitto fra le due teorie di cui parla Rovelli provocò pure un vero e proprio scontro fra Einstein e Bohr (e colleghi), che durò decenni. Lo scambio epistolare che segue ne è un esempio. Einstein (nato il 14 marzo 1879) aveva scritto a Bohr per ringraziarlo degli auguri ricevuti per il 70° compleanno e, fra le righe, non aveva perso l’occasione per punzecchiarlo sulla nota disputa, dicendogli che “quella [la festa di compleanno] era una delle occasioni che non dipendono dalla questione che ci assilla se Dio giochi a dadi o se invece noi dobbiamo rimanere aderenti a una descrizione fisica della realtà”. Bohr così replicava l’11 aprile 1949 (la lettera è esposta all’Albert Einstein Institute of Mathematics della Hebrew University of Jerusalem; traduzione dal tedesco di Diana Di Segni):
Caro Einstein,
molte grazie per le sue gentili righe. È stata per noi tutti una grande gioia esprimerle i nostri sentimenti in occasione del suo compleanno. E per rimanere nello stesso tono scherzoso, non posso fare a meno di dire, in merito alle domande scottanti, che non si tratta, secondo me, se noi dobbiamo rimanere fedeli a una realtà accessibile tramite una descrizione fisica oppure no, bensì si tratta di proseguire oltre il cammino da lei mostrato e di capire le premesse logiche per la descrizione delle realtà. Nel mio modo impertinente vorrei addirittura dire che nessuno – e neanche il buon Dio medesimo – può sapere che cosa una espressione come “giocare a dadi” debba significare in questo contesto.
Cordiali saluti,
il suo
Niels Bohr
Gianfranco Di Segni, CNR e Collegio rabbinico italiano
(Nell’immagine in alto la vignetta di Michel Kichka, in basso la lettera di Niels Bohr)
(26 novembre 2015)