Ticketless – Auguri

cavaglionTimidi e troppo formali gli auguri che la stampa italiana, anche ebraica, sta dedicando agli 80 anni di Woody Allen.
La sua produzione vastissima, la durata pluridecennale della sua carriera, la maschera che si è cucita addosso film dopo film, lo rendono forse troppo famigliare e come a tutte le persone cui si vuole bene tutto l’anno riesce ridicolo celebrarlo il giorno del compleanno.
Allen fa parte della vita di tutti gli ebrei della diaspora, ne interpreta splendori e miserie. È come se avesse girato un solo film lungo mezzo secolo e più. Si va a vedere l’ultimo come se fosse la prosecuzione del penultimo. Anche quando si esce di sala delusi – è capitato spesso negli ultimi tempi – non si è mai così delusi come quando si esce di sala – capita ormai da troppi anni – dopo aver visto un film italiano o francese. Anche nel più mediocre delle sue trame c’è sempre da portare a casa una scena madre, una battuta strepitosa, un personaggio cui affezionarsi. Molto ci sarebbe poi da dire sul ruolo che ha avuto la sua mimica, il suo volto con il mutare del tempo: il suo invecchiare con noi, senza mai cedere al giovanilismo dei divi che pensano di possedere il dono dell’immortalità: il trascolorare dei suoi pensieri dalla baldanza della giovinezza alla sapienza della senilità rimane uno dei farmaci migliori per combattere le delusioni della vita.

Alberto Cavaglion

(9 dicembre 2015)