Buenos Aires, il nuovo governo applaudito a Gerusalemme
“Si tratta di un cambiamento di direzione a cui diamo il benvenuto. Spero che vedremo un significativo miglioramento nelle relazioni tra Argentina e Israele così come, negli anni a venire, con altri paesi del Sud America”. Ad esprime soddisfazione, il Primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu che, durante la riunione di governo di inizio settimana (la domenica in Israele), ha applaudito l’annuncio del neoeletto presidente argentino Mauricio Macri di non voler costituire la commissione congiunta con l’Iran per indagare sull’attentato all’Associazione Mutualità Israelita Argentina (Amia) del 18 luglio 1994. Nell’attacco furono uccise 85 persone e oltre 300 furono i feriti. Seppur in questi vent’anni non si sia riusciti a fare giustizia, la pista più solida (frutto di 600 pagine di inchiesta e avvalorata dall’Interpool) indica come responsabile dell’attentato una cellula del movimento terroristico Hezbollah che prendeva ordini da sei alti funzionari iraniani. Dietro l’eccidio di Buenos Aires ci sarebbe quindi la mano del regime di Teheran. Siglare un accordo come quello firmato nel 2013 con l’Iran dall’allora presidente Cristina Fernandez Kirchner per indagare sull’attentato all’Amia per le famiglie delle vittime è suonato come un insulto: per dirla come l’American Jewish Committee equivaleva a chiedere “alla Germania nazista di aiutare a ricostruire i fatti della Notte dei Cristalli”. Un tribunale federale ha dichiarato illegittimo l’accordo tra Buenos Aires e Teheran ma la Kirchner aveva annunciato di voler ricorrere contro la decisione. Il cambio alla Casa Rosada ha però nuovamente modificato le carte in tavola portando tra l’altro il rabbino Sergio Bergman, tra i più strenui oppositori del citato accordo, a far parte del governo Macri.