Oltremare – Il biglietto

danielafubini2La prima volta che sono scesa di mia volontà da Gerusalemme per andare a Tel Aviv, era l’estate del 2008 e avevo appena finito i cinque mesi di ulpan.
E no, l’ebraico non lo sapevo ancora: il mio cervello stava ancora processando cinque mesi di radici verbali e grammatica, e le idee platoniche di frase prima o poi si sarebbero materializzate; ogni cosa a suo tempo.
Dunque mi trovavo buffamente su di un autobus, oggetti evitati per quanto possibile fino ad allora. A Gerusalemme si sa, gambe in spalla che si fa prima. Peggio, ero su di un autobus partito dalla orrenda stazione centrale di Tel Aviv, che doveva portarmi verso il centro.
Una città dalla geografia sconosciuta e dal sistema di trasporto pubblico ancora irrazionale, prima della riforma. Nel disordine apparente delle pensiline, ero salita su un n.5 invece che un n.4, e quando capii l’errore chiesi in qualche modo al guidatore che fare. Lui prese il mio biglietto, uscito da pochi secondi dalla macchinetta al lato del suo volante, e ci scrisse sopra a penna qualcosa di incomprensibile. Non sono nemmeno sicura fosse ebraico. E mi pento amaramente di non averlo tenuto come una reliquia, in una teca sottovuoto. Con quei geroglifici sul biglietto, mi ritrovai su una nuova pensilina, ad aspettare l’altro autobus. Arrivai in tempo al mio appuntamento, e feci a malapena caso all’aria appiccicosa e opprimente, tutto sommato non così diversa da certe estati newyorkesi che avevo da poco lasciato.
Quella volontà ferma e fantasiosa di mettere a posto le cose, di far funzionare l’impossibile, come un biglietto già stampato, mi fa ancora da stella del Nord, specie in momenti difficili in cui pare che tutto il sistema sia sull’orlo di una crisi di nervi. Sarà il retrogusto anarchico, sarà lo spazio per l’eccezione, o l’uso libero del libero arbitrio. Per ogni politico incapace o corrotto, per ogni scandalo a sfondo sessuale, per ogni monopolio infrangibile, c’è un semplice cittadino che scrive messaggi in codice ad un collega per aiutare una nuova immigrata.

Daniela Fubini, Tel Aviv twitter: d_fubini

(21 dicembre 2015)