Guerre stellari
Che la forza sia con me, affinché superi indenne l’onda d’urto dell’indigestione mediatica (nonostante la televisione in casa sia più un soprammobile acchiappa-polvere che altro, ma non c’è scampo) per il ritorno di Guerre stellari… Non ne ho visto uno, eppure confesso di conoscere i principali interpreti dei sei film precedenti, grazie all’enciclopedia per bambini dei personaggi dalla A alla Z (che poi non ho mai capito perché gli episodi più vecchi non siano numerati da uno in poi, come logica vorrebbe, ma lasciamo perdere).
Il primo quesito shabbatico post Chanukkah ha riguardato proprio il regalo più bello ricevuto dai figlioli l’ultima sera della festa, ovvero una mega astronave di Guerre Stellari della Lego da montare comodamente in soli 703 pezzi (o forse 707, ho rimosso). Il dubbio era: possiamo montarla tutta di Shabbat, o come per il puzzle bisogna lasciarla incompleta? Ammiro il loro ottimismo, pensare di sconfiggere 703 pezzi di Lego in meno di un giorno.
Nella certezza che non ne saremmo venuti a capo, ho proposto di rimandare l’impresa alla luce solare mattutina e di dedicarci, come ogni venerdì pomeriggio invernale quando Shabbat entra presto, alla lettura. Previo breve dibattito se fosse meglio prima cantare l’HaTikvà e Adon Olam o leggere la Parashat ha Shavua, ha vinto il terzo dei fratelli che sventolando il libro dei midrashim ha intimato “Leggi!”. E i midrashim di Rivka Elitzur, Una nuvola nel deserto (datata e da noi molto amata pubblicazione del Dipartimento Assistenza Culturale alle Comunità Israelitiche Italiane, 1983, di cui purtroppo possediamo solo il secondo volume) sono come le ciliegie e i film di Star Wars, uno tira l’altro, quindi finisce che ne leggiamo sempre quattro cinque sei…
A lungo abbiamo discusso sul tema della menzogna e della falsità grazie al midrash 28 intitolato Gli esploratori, esperti mentitori, in cui si racconta come dieci dei dodicii marghilim mandati da Moshe ad esplorare il paese di Canaan sappiano mentire molto bene perché cominciano il loro resoconto con un’affermazione vera, per proseguire con menzogne (siamo sì arrivati ad una terra che stilla sì latte e miele, ma… e via con le falsità).
Quando la discussione su quale dei propri migliori amici sia davvero leale e non tradisca si è fatta più intensa, ho deciso che fosse giunto il momento di passare alla struttura della tefillà (leggendo Il mondo delle tefillot a cura degli Asili Israelitici Rav Elio Toaff, Sovera Edizioni 2014, ed è davvero accattivante) con l’Amidà che sembra davvero complicata perché tutti sono molto silenziosi, non si può chiedere alla mamma il fazzoletto o una molletta per la kippà e soprattutto quando affrontiamo il contenuto di questa parte della preghiera, capire risulta difficile.
La successiva lettura della Parashà ha fugato ogni perplessità (del tipo: ma se nell’Amidà stiamo davvero ringraziando HaShem chiedendogli ciò che desideriamo, perché per Hanukkà non ho ricevuto l’Uomo ragno che fa le ragnatele, lo volevo tanto!), e cantare ci ha ritemprato.
In fondo le forze ce le avevo, perché montare l’astronave di Guerre Stellari non è stato poi così terribile, e forse il prossimo Shabbat la forza sarà con me anche per spiegare loro i tredici attributi.
Sara Valentina Di Palma
(24 dicembre 2015)