Giovani e futuro – “La nostra scelta si chiama Parigi”

La più giovane, Sara, partita a 18 anni per iscriversi a filosofia a Parigi, è anche quella che forse proprio per la sua formazione si è messa più in discussione durante gli anni passati a Parigi. Ed è ancora lei, a 22 anni, la più critica verso una società che forse non ha saputo cogliere i molti segnali e che ancora oggi non riesce a mettere in discussione un modello sociale che “evidentemente non funziona così bene”. Dopo la laurea, alla Sorbonne, Sara ha deciso di restare, investendo dodici mesi in un servizio civile dedicato ad avvicinare i più piccoli alla lettura, e collabora da tempo a laboratori di filosofia per bambini. L’idea di prendersi 12 mesi per decidere cosa fare non è stata messa in discussione dagli attentati che – almeno in queste settimane – hanno un impatto notevole sulla vita quotidiana dei parigini, ma qualche dubbio c’è: “È mancata la capacità di capire che questo era il momento di affrontare la situazione con coraggio, e forse anche di mettersi in discussione”.




Il livello di frequentazione degli ambienti ebraici non è cambiato particolarmente rispetto alla vita in Italia, anche se la scoperta della maggiore apertura e varietà ha sicuramente una sua attrattiva, ma quasi hanno anche ritrovato persone già conosciute nei movimenti giovanili. Una sorta di piccola rete che ovunque ci si rechi aiuta a superare i momenti in cui la burocrazia può creare qualche difficoltà, o quando ci sono


Ada Treves, Pagine Ebraiche Gennaio 2016
(28 dicembre 2015)