“Alle spalle un anno durissimo,
adesso c’è bisogno di rialzarsi”
“La Francia è stata colpita al cuore in ciò che ha di più prezioso e gli attentati del 13 novembre hanno dimostrato che ognuno è un potenziale bersaglio, poiché il semplice fatto di vivere il nostro modello di libertà ci espone all’odio”. È un bilancio duro quello dell’anno passato per il gran rabbino di Francia Haïm Korsia, che in un’intervista descrive i suoi sentimenti all’indomani delle celebrazioni per commemorare le vittime degli attentati all’Hypercacher di Porte de Vincennes e alla redazione di Charlie Hebdo. Nelle scorse ore il rav ha anche condannato l’attacco antisemita di un quindicenne turco di origine curda a un insegnante ebreo a Marsiglia come un “atto disgustoso”. “Invito i media a smettere di definire gli autori di queste azioni ignobili come degli squilibrati, anche quando rivendicano i loro atti”, il suo appello. “Chiamare le cose con il nome sbagliato significa aggiungere del male al mondo, diceva Camus. Le parole hanno un senso, è nostro dovere usarle con saggezza”.
Un richiamo alla consapevolezza che Korsia ritiene più importante che mai dopo gli eventi che hanno segnato il 2015. La comunità ebraica li rievoca con lo stesso spirito dell’insieme della comunità nazionale, ha spiegato, e “se la sua storia è tristemente segnata da tragedie è comunque riuscita a rialzarsi, a continuare a vivere, senza mai dimenticare o rinnegare quello che è. Ma quanto tempo perso da almeno dieci anni e dall’assassinio di Ilan Halimi…”, il rimpianto del rav.
“Chiunque è un bersaglio, noi lo dicevamo già un anno fa, già dieci anni fa. Per lungo tempo abbiamo percepito l’indifferenza di molti dei nostri concittadini e alcuni avevano la tendenza a osservare le vittime ebree con sguardo distante – ha affermato rav Korsia – ritenendo che non potevano essere colpiti in prima persona da tali violenze”. Oggi le cose sarebbero cambiate, e di fronte alle ultime violenze il mondo avrebbe aperto gli occhi: “Chi può in effetti affermare di non aver mai assistito a una partita di calcio o a un concerto – si chiede il rav – chi non si è mai seduto al tavolino di un bar? La minaccia nei confronti della comunità ebraica è identica a quella che è sempre stata, cioè alta. Ma il rischio – ha osservato – è condiviso da tutti e la società l’ha finalmente capito”.
Per questa ragione, sottolinea rav Korsia, “oggi più che mai solidarietà e fratellanza devono essere al centro del nostro impegno repubblicano”.
“La guerra è prima di tutto una mobilitazione di tutte le energie – le sue parole – ed è giunto il momento di difendere il nostro modello di società, laica e aperta, tollerante e giusta”. Un contesto di risveglio civico in cui fondamentale è l’apporto delle religioni: “Bisogna ricordare ai nostri giovani – ha detto il rav – quanto le religioni siano creatrici di legami con l’Altro prima ancora che con Dio, bisogna ribadire collettivamente senza esitazione e in maniera più forte che esse veicolano i principi umanistici di amore per il prossimo, solidarietà e fratellanza per sconfiggere coloro che rifiutano questi precetti e le strumentalizzano per uccidere in nome di Dio. No, le religioni, di qualunque tipo, non esaltano mai la morte. Ma al contrario amano e propongono la vita”.
Rav Korsia si è infine espresso anche sulla copertina del numero speciale del settimanale satirico Charlie Hebdo uscito in occasione dell’anniversario della strage, che ha fatto discutere per la rappresentazione di un Dio armato in fuga con la veste insanguinata, definito assassino ancora a piede libero. Un provocazione che per il rav denota quanto la rivista sia ancora viva e non abbia perso nulla del suo spirito pungente. “Senza dubbio – dice – la più bella vittoria sul male che ha tanto ferito la Francia”.
“Questo permette dunque anche ad alcuni, credenti o meno, di esprimere la loro disapprovazione in merito a una simile rappresentazione di Dio. Ma si tratta davvero di accusare Dio e le religioni di essere causa del terrorismo – si chiede il rav – o Charlie Hebdo sta cercando piuttosto, attraverso ciò che sa fare meglio, di denunciare i predicatori di una religione belligerante?”.
E guardando al 2016, quali devono essere le sfide della Francia? “Vivere più che mai e ancora più ardentemente e portando altri i nostri colori e i nostri valori. Abbiamo una comunità di vita, è la comunità nazionale, e la nostra unità è la sfida maggiore. Se poi – conclude – potessimo vincere gli Europei di calcio che si giocheranno proprio in Francia e rivivere la gioia del 1998…”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(Il disegno è di Giorgio Albertini)
(12 gennaio 2016)