pietra…

“E le mani di Moshè erano pesanti; Aròn e Chùr presero una pietra, gliela misero sotto e lui vi si sedette sopra. Aròn e Chùr sostennero le sue mani, uno da un lato e uno dall’altro…” (Shemòt 17, 12).
Il Grande Admòr Rabbì Israel Alter di Gur, conosciuto come Bet Israel spiega perché Moshè si mise a sedere. La Ghemarà nel trattato di Shabbàt (92a) ci dice che l’altezza di Moshè era di 10 ammòt – 10 cubiti. Se Moshè fosse rimasto in piedi, sarebbe stato impossibile per Aròn e Chùr supportargli le braccia. Quindi lo mettono a sedere su di un masso. La Ghemarà in Taànìt (11a) si domanda perché Moshè scelga di sedersi su una dura pietra invece che su un morbido cuscino. Moshè disse: “Fino a che il popolo d’Israele è in sofferenza anche io soffrirò”. Da questo impariamo che chiunque assume su se stesso il dolore dello tzibbur – il pubblico, meriterà di vedere la consolazione di questo.

David Sciunnach, rabbino

(20 gennaio 2016)