Qui Torino – Massimo Ottolenghi (1915-2016)

Schermata 2016-01-20 alle 13.25.39Un’irrinunciabile fiducia nella vita, difesa a denti stretti tra le Valli di Lanzo mentre i nazifascisti facevano a pezzi la sua patria. La scelta di combattere nonostante le persecuzioni, anzi proprio per non darla vinta ai persecutori, a chi aveva trasformato la sua Italia in una dittatura liberticida e antisemita. E l’amarezza per un presente in cui non ritrovava i valori per cui lui, il partigiano “Bubi”, e i suoi compagni della Resistenza avevano lottato. L’avvocato Massimo Ottolenghi ci lascia dopo un secolo di vita e con lui perdiamo un altro pezzo di Italia – o di patria, parafrasando il suo libro Per un pezzo di patria (Blue edizioni) -, quell’Italia che ha combattuto per ridarci la libertà, la giustizia, la democrazia. “Dobbiamo dare la parola ai ricordi; la nostra memoria è un monito per il futuro”, spiegava Ottolenghi, militante del movimento Giustizia e Libertà, scrittore e Decano dell’ordine degli avvocati torinesi, in un’intervista pubblicata dal Portale dell’ebraismo italiano, ricordando i giorni in cui il fascismo e le leggi razziste cercarono di distruggere la sua esistenza, quella di migliaia di ebrei e non solo. “Mio padre fu cacciato dall’università come un criminale, gettato, assieme agli altri ebrei, in pasto all’odio. – ricorderà Ottolenghi – L’ebreo non era più un cittadino ma una sub specie umana, una selvaggina da uccidere. Bisogna evitare di ricadere nell’odio perché questo non può che generare altro odio”. Un monito imperituro di chi per combattere contro quell’odio imbracciò il fucile e, in quella che Ottolenghi definiva “l’oasi delle Valli di Lanzo” (in Piemonte), costruì assieme ad altri una rete assistenziale che permise di salvare decine di ebrei. In quell’oasi, il maresciallo Rolando, uomo delle istituzioni, sottoscrisse un tacito accordo con gli uomini della Resistenza. “Un’operosa convivenza tra legalità e insurrezione”, la definizione dell’avvocato. “Grazie all’aiuto di carabinieri, di religiosi come di gente comune duecentocinquanta ebrei riuscirono a salvarsi”. Parlando con Pagine Ebraiche, ricorderà con un sorriso il compagno partigiano Giulio Bolaffi, innamorato della vita come lui e per questo non disposto a lasciar passare nemmeno un’offensiva scritta su un muro: “lo ricordo appollaiato su una scala mentre cerca di cancellare una scritta fascista e poco lontano di guardia c’erano le SS”. Poi rievocherà il coraggio di Gianelli “che rischiò la vita per salvare i compagni”. Nel suo Per un pezzo di patria si affollano uomini e donne a cui dedicare un ricordo, un momento, una parola. “Quelle persone hanno combattuto e sognato una società ben lontana da quella attuale. – le amare considerazioni dell’avvocato mentre scrutava un presente per lui irriconoscibile – La costituzione è il frutto del nostro impegno, della nostra sofferenza, dobbiamo difenderla. Onestamente con profonda tristezza penso che se quanto successo si ripetesse oggi, solidarietà, valori, aiuto sarebbero difficili da trovare. Oggi molto più che allora”.

Daniel Reichel

(20 gennaio 2016)