Tu B’Shvat
Rav Yohanan Ben Zakkai era solito dire: “Se hai in mano un giovane albero e qualcuno viene a dirti che è venuto il Messia, pianta prima l’albero, e poi vai ad accoglierlo” (Avot Rabbi Natan 31b).
Ma come è nato l’amore di Israele per gli alberi? Si racconta che ai tempi dell’imperatore Adriano imach shemò, che sia cancellato il suo nome, gli ebrei si affezionarono sempre di più alla propria terra ormai in mano romana, e alla nascita di ogni bambino iniziarono a piantare un albero (un cedro per un maschio e un’acacia se arrivava una bambina; con il tempo, i rami degli alberi piantati per i bambini sarebbero serviti per costruire la huppà). Ricorda la Mishnà che quando i romani pensarono di riparare la carrozza in panne della figlia dell’imperatore usando il cedro dedicato ad un ragazzo, gli ebrei a difesa dell’albero si scagliarono contro la scorta imperiale dando inizio alla rivolta di Bar Kohbà (Taanith 5), terza e ultima rivolta ebraica (132-135 e.c.) contro l’occupazione romana dopo quella che portò alla distruzione del Tempio nel 70 e.c., e quella scoppiata sotto il dominio di Traiano in diverse città della diaspora (115-117 e.c.).
La Torà stessa spiega che, in un popolo di contadini e pastori, era naturale l’amore per la terra e la natura, nonché segno dell’amore per Kadosh Baruch Hu: “D-o creò verdura, erba ed alberi e vide che era buono” (Bereshit I, 9-12); l’ingresso in Eretz Israel è sancito dalla piantagione di alberi da frutto (Vaykra XIX, 23), ed è vietato abbattere alberi da frutto anche per motivi bellici (Devarim XX, 19-20). Lo Shemah ci ricorda tutti i giorni l’importanza di osservare le Mitzvot affinchè Kadosh Baruch Hu dispensi le piogge nel giusto periodo e quindi raccolto in abbondanza e la possibilità di sfamarci(Devarim XI, 13-15), mentre il Talmud ci ammonisce che è proibito andare in una città sprovvista di verde (Talmud Jerushalmi, 114).
Tutti erano dunque d’accordo di dedicare un giorno speciale agli alberi ma…quando? I due grandi maestri rabbinici del periodo della distruzione del Tempio a capo di due diverse scuole di pensiero su rituale, etica e teologia, erano ovviamente in disaccordo anche su quando festeggiare il Capodanno degli alberi: Hillel propendeva per il 15 del mese di Shevat, Tu B’Shvat, mentre Shammai preferiva il primo dello stesso mese, due settimane prima…in realtà avevano ragione entrambi, perché Hillel pensava alle regioni montuose, dove la fioritura iniziava più tardi, mentre Shammai alla pianura. Un bell’esempio di ragionamento talmudico, in cui la fondatezza di una posizione piuttosto che l’altra dipende dal punto di vista con cui si osservano le cose! Alla fine prevalse la posizione di Hillel e dunque festeggiamo Rosh HaShana Lailanot , il Capodanno degli alberi, il 15 di Shevat. Questo, ricorda la Mishnà, è uno dei quattro Capi d’anno che abbiamo in calendario: il 1 di Nissan quello per i re e le feste di pellegrinaggio; il 1 di Elul quello per la decima del bestiame; il 1 di Tishri il Capo d’anno per il Giudizio dell’umanità, per il calcolo degli anni sabbatici e dei giubilei e dell’orlà (i primi tre anni di un albero in cui non si possono prenderne i frutti); infine proprio Tu B’Shvat come Capo d’anno degli alberi, che valeva per la decima dei frutti (Rosh HaShanà I, 1).
Ma… come poterono gli ebrei continuare a celebrare la festa quando furono cacciati da Eretz Israel e iniziò il galut? Anche se non poterono più piantare alberi, gli ebrei lontani tennero vivo il ricordo mangiando i frutti tipici della Terra d’Israele, finché nel Cinquecento i primi studiosi di Cabala ritornati a Safed dalla Spagna e dal Portogallo che avevano espulso, assassinato o convertito a forza il popolo d’Israele, sottolinearono la gioia del loro ritorno con un pasto speciale, una cena che ricorda il Seder di Pesach, come tramanda il Perì Ez Hadar (il frutto dell’albero splendido cioè il cedro, testo del 1753).
Con il ritorno ad Eretz Israel, gli ebrei che lasciarono millenni di diaspora ripresero a festeggiare Tu B’Shvat come in epoca antica, piantando nuovi alberi. Probabilmente la prima volta che avvenne era il 1884 a Yessuud Hama’ala, nuovo villaggio in cui furono piantati centinaia di alberi, mentre all’inizio del Novecento gli insegnanti di Giaffa fecero piantare agli studenti i primi alberi ad Achuzat Bait, futuro nucleo di Tel Aviv. Da allora, sono sopratutto studenti e soldati a dedicarsi al rimboschimento in Israele. Ma anche noi che siamo ancora nella diaspora festeggiamo ove possibile piantando un nuovo albero, altrimenti celebrando il Seder di Tu B’Shvat con grande gioia soprattutto dei bambini: Tu b’Shvat higiya, hag la’ilanot, Tu B’Shvat è qui, la festa degli alberi, canta il motivo di una delle canzoni più popolari, HaShkediah Porahat (Il mandorlo sta fiorendo).
Sara Valentina Di Palma
(21 gennaio 2016)