Verona – La Shoah e l’infanzia rubata
Folta partecipazione di pubblico presso la Società Letteraria di Verona, la più antica e prestigiosa istituzione culturale cittadina, per la la presentazione del libro Storia di Carla: una bambina ebrea negli anni della persecuzione antisemita in Italia (ed. Giuntina). Roberto Lughezzani, partendo dai ricordi di Carla Viterbo Bassani, ha ricostruito la vicenda umana di una bambina veneziana (nata nel 1932) e della sua famiglia: il padre Ettore, la madre Vittorina Fano e il fratello Baldo. Nel 1938, quando vengono emanate le leggi razziste, Carla ha sei anni. La sua vita e quella dei suoi familiari subiscono un cambiamento repentino: lei e il fratello sono espulsi dalle scuole pubbliche, non possono più frequentare la piscina e la palestra, non possono fare il bagno sulla spiaggia del Lido, devono consegnare la radio. Il padre perde il suo lavoro al Genio Civile e la famiglia affronta grosse difficoltà economiche. Gli amici cattolici che frequentavano la loro casa fingono di non conoscerli se li incontrano per la strada. Si crea il vuoto intorno a loro. Fino al 1943 Carla frequenta la scuola elementare aperta nel ghetto di Venezia dalla Comunità ebraica, in un clima di tensione, di paura e di isolamento crescenti. Il 9 settembre la famiglia Viterbo fugge precipitosamente verso Ancona, città di origine del padre, per sfuggire ai tedeschi che si apprestavano ad occupare la città. Trovano un alloggio a Porto San Giorgio, ritenuta una località abbastanza sicura. Ma un mese dopo sono arrestati dai carabinieri della locale stazione e internati nel campo di Servigliano, in provincia di Ascoli Piceno, fino alla primavera del 1944, soffrendo privazioni e umiliazioni di ogni sorta, con la continua minaccia di essere deportati dai tedeschi. Carla racconta delle condizioni di vita del campo, della fame e del freddo, della mancanza di vestiti adatti a superare un inverno particolarmente rigido. Il 3 maggio il campo subisce un bombardamente da parte degli alleati e tutti gli internati fuggono terrorizzati. Carla e la sua famiglia riescono a nascondersi e con il generoso aiuto di Alberigo Cappelletti, il medico condotto del paese, riescono tra mille pericoli ad arrivare a Fermo, dove trovano un rifugio sicuro grazie a padre Galli, un religioso del convento di San Francesco. Sono tra i pochi a salvarsi da Auschwitz, dove invece finiscono molti dei loro compagni di sventura.
Durante la serata, introdotta dal professor Ernesto Guidorizzi, vice Presidente della Società Letteraria, ha portato il suo saluto il rabbino Yosef Labi che ha fatto riferimento alla sera di Pesach e all’importanza della narrazione e ha ringraziato Carla Bassani per aver voluto scrivere una testimonianza di quel difficile periodo. L’opera, ha sottolineato, raccoglie infatti in un racconto il racconto della storia degli ebrei italiani tutti.
Numerosi gli interventi che hanno segnato la serata: dal presidente della Comunità ebraica Bruno Carmi, che ha sottolineato come questo racconto “faccia onore” all’autrice, a quello della presidente della locale sezione dell’Adei Wizo, Paola Anselmi Tieger che ha ricordato il sostegno che Carla ha sempre dato all’associazione ebraica. Anche Maria Anita Montresor, presidente del SAE, non ha fatto mancare parole affettuose e calorose nei confronti dell’autrice. In chiusura il professor Guidorizzi ha parlato della civiltà del rispetto e dell’accoglienza che hanno sempre regnato in casa Viterbo Bassani.
(21 gennaio 2016)