Primo Levi e le giornate della testimonianza

Schermata 01-2457410 alle 13.40.57Metti una sera a Bologna il 13 marzo 1961.
Metti una serie di lezioni su “Trent’anni di storia italiana” in un teatro Comunale gremito di pubblico.
Metti un testimone. Quel testimone si chiama Primo Levi ed è stato invitato, insieme ad altri, per parlare della sua esperienza nel lager al termine di una lezione sulle leggi razziste italiane.
A quel punto della sua vita, Levi ha scritto un unico libro, Se questo è un uomo, e lavora come chimico in una fabbrica di vernici a Settimo Torinese.
Ma, a quel punto della sua vita, è soprattutto un uomo curioso: i suoi interessi sono innumerevoli e altrettanti sono gli ambiti in cui sta lavorando, come scrittore, uomo di scienza e di pensiero, versatile e di sorprendente originalità.
Prendendo spunto dall’occasione bolognese, una delle prime testimonianze pubbliche rese da Primo Levi, il Museo Ebraico di Bologna inaugura nei giorni della Memoria una mostra dal titolo “1961 Bologna. I mondi di Primo Levi”.
La mostra, ideata e progettata dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi di Torino in collaborazione con il Museo ebraico non si limita a raccontare il sopravvissuto di Auschwitz ma, soffermandosi brevemente a descrivere lo sfondo sociale e intellettuale in cui trova spazio la testimonianza
bolognese, si espande a offrire uno spaccato orizzontale della trama ricca e articolata di riflessioni e di attività che, in quel 1961, popolano il mondo interiore di una delle più belle
menti italiane del dopoguerra.
La mostra, che resterà aperta fino al 6 marzo, integra quella più ampia prodotta lo scorso anno e quest’anno esposta al Meis di Ferrara con le stesse date. Sempre in occasione dell’inaugurazione della mostra, viene presentato il film documentario di Alessandro e Mattia Levratti, Ivan Andreoli e Fausto Ciuffi, dal titolo L’interrogatorio.
Quel giorno con Primo Levi. Pesaro, 5 maggio 1986: studenti e insegnanti delle scuole superiori incontrano Primo Levi. Per mesi, ragazze e ragazzi hanno letto i suoi libri, confrontandosi in periodici incontri con i loro amici e discutendone con i docenti. Hanno svolto relazioni, fatto ricerche e, soprattutto, preparato le domande da rivolgere all’autore, in un lungo interrogatorio.
Trenta anni dopo, con le con le preziose immagini di quella giornata, scorrono i ricordi e le riflessioni di chi sedeva sulle poltrone del Teatro Rossini.
Ed è quel pubblico, in un racconto corale, a parlarci del testimone, della sua opera, e di una scuola libera e coraggiosa.

Italia Ebraica, febbraio 2016

(22 gennaio 2016)