Il presidente delle Chiese evangeliche: “Memoria, impegno quotidiano”
“In un tempo segnato da rigurgiti di antisemitismo, xenofobia, intolleranza e populismo l’esercizio della memoria non può rimanere confinato in una sorta di ‘ghetto temporale’ ma deve essere una preoccupazione costante e quotidiana di chi ha a cuore la pace e la convivenza civile”. È quanto scrive il presidente della Federazione delle chiese evangeliche Luca Maria Negro in un messaggio inviato in queste ore al presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Ad essere ricordata la comune “storia di discriminazioni e persecuzione”. Ma anche il cammino di amicizia e collaborazione, fonte di arricchimento reciproco, intrapreso da tempo “dalle nostre rispettive comunità”.
Illustre Presidente,
nell’imminenza del Giorno della Memoria 2016, come hanno fatto ogni anno i miei predecessori, desidero rinnovare a Lei e all’Unione delle comunità ebraiche in Italia l’espressione della profonda vicinanza spirituale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.
Le nostre rispettive comunità hanno intrapreso da molti anni un cammino di amicizia e di collaborazione che è fonte di arricchimento reciproco. Esse hanno inoltre in comune, nel nostro Paese, una storia di discriminazioni e persecuzione. Quest’anno ricorre il Quinto Centenario dell’istituzione del ghetto ebraico a Venezia, e la nostra memoria di protestanti corre a quel “ghetto alpino” in cui per secoli furono costrette a vivere le comunità valdesi, fino a quel 1848 in cui anche gli ebrei ottennero i diritti civili.
Quest’anno la memoria della Shoah è stata ravvivata anche dalla deposizione, in molte città, di numerose “pietre d’inciampo”, che ci hanno ricordato la drammatica deportazione degli ebrei nei campi di sterminio. Così ad esempio a Torino, a pochi passi dalla centrale Chiesa battista di via Passalacqua (di cui sono uno dei pastori), lo scorso 15 gennaio, davanti al portone dello stabile in cui abitava la famiglia Lattes (al civico n. 6) sono state deposte tre targhe in ottone con il nome di tre membri di quella famiglia, deportati e assassinati ad Auschwitz. La presenza di queste “Stolpersteine” a pochi metri dal nostro tempio ci ha colpiti profondamente, e la domenica successiva, durante il nostro culto, abbiamo voluto anticipare il ricordo della Shoah, chiedendo perdono a Dio per le nostre complicità e per la nostra “smemoratezza”, esortando a esercitare la memoria (come prescritto da Deuteronomio 32,7: “Ricordati dei giorni antichi, considera gli anni delle età passate”), e infine invitando a sostare davanti a quelle “pietre” all’uscita del culto.
Un’altra occasione per questo doveroso esercizio della memoria è stata il conferimento, nel dicembre scorso nella sinagoga di Firenze, del titolo di “Giusta fra le nazioni” alla valdese Gina Silvestri Sabatini per l’aiuto fornito a varie famiglie ebraiche in fuga verso la Svizzera durante la seconda guerra mondiale.
Ho voluto citare questi due esempi al di fuori del Giorno “ufficiale” della memoria anche perché il limite di giornate come questa (e la stessa cosa vale per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si conclude oggi) è che non è sufficiente esercitare la memoria una sola volta l’anno: in un tempo segnato da rigurgiti di antisemitismo, xenofobia, intolleranza e populismo l’esercizio della memoria non può rimanere confinato in una sorta di “ghetto temporale” ma deve essere una preoccupazione costante e quotidiana di chi ha a cuore la pace e la convivenza civile.
Luca Maria Negro, presidente Federazione delle chiese evangeliche in Italia
(26 gennaio 2016)