Qui Milano – Rav Safran, Maestro ed eroe

IMG_20160126_152215_edit “Prima della sapienza, dell’intelligenza e di tutte le altre qualità, per essere un Maestro è necessaria una grande fedeltà, la capacità di dedicarsi completamente al proprio popolo. Rav Safran ebbe tutte quelle qualità, ma fu per prima cosa questo, ed è così che vorrei ricordarlo”. Queste le parole dedicate dal rabbino capo di Milano Alfonso Arbib alla figura di Alexandre Safran, rabbino capo prima di Romania e poi di Ginevra, al centro di un convegno organizzato dall’Università degli Studi di Milano, che lo ospita nella sua sala napoleonica, dal Centro di Judaica Goren-Goldstein e dalla Facoltà di Teologia di Lugano.
“L’evocazione della personalità di Alexandre Safran è posta sotto il segno dell’unità tra pensiero, parola e azione – ha aggiunto al ritratto suo figlio Avinoam – una costante del suo percorso di vita che rispondeva a un’esigenza di armonia tra la sua spiritualità, il suo insegnamento e la sua azione”. Una compresenza che si ritrova dunque lungo tutta la sua carriera, iniziata all’età giovanissima di trent’anni, come ha ricordato il presidente della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea Michele Sarfatti. “Safran fu un saggio degno di questo titolo perché nella sua vita seppe combinare la religione con il saper vivere”, ha confermato il suo successore nella carica di rabbino capo di Ginevra Izhak Dayan. Nella sua vita, ha inoltre sottolineato lo storico dell’Università di Monpellier Carol Iancu, furono molte le missioni a cui si dedicò in contemporanea,”quella di far conoscere la ricchezza spirituale dell’ebraismo, il salvataggio degli ebrei rumeni durante la Shoah e il suo ruolo fondamentale nel dialogo giudaico cristiano già a partire dagli anni della guerra”.
Di quegli incontri con gli esponenti della Chiesa Ortodossa che fecero di lui un precursore, la storica di Bucharest Felicia Waldman ha tracciato le argomentazioni “sagge e anche creative” grazie alle quali Safran riuscì a salvare molti ebrei rumeni dalle persecuzioni naziste durante la seconda guerra mondiale. Con la Memoria degli anni bui della Shoah la Romania si trova oggi a fare i conti, ha sottolineato quindi il suo collega Alexandre Florin Platon, trovandosi a dover delineare un rapporto equilibrato tra Storia e Memoria nazionale in un dibattito che si intreccia strettamente con le vicende del Comunismo. In questo contesto di presa di coscienza si inserisce la toccante testimonianza diretta di Safran, filmata in una video intervista proiettata per i partecipanti al convegno e presentata dal rabbino parigino Ariel Messas, ex rabbino capo della città, che con il rav fu intimo. “Nell’idea che la Shoah fu un tempo al di là del tempo, non bisogna vedere un invito ad assistere senza far nulla, ma piuttosto un monito a un’attesa attiva, a fare il massimo possibile per uscirne”, la lezione che si può secondo Messas trarre dal racconto di Safran.
Il tema del tempo, e di come esso si intrecci con la Memoria, permea anche gli approfonditi studi sulla Cabbala pubblicati da Safran. A darne una lettura il rav Roberto Della Rocca, il quale ha sottolineato che nella concezione circolare del tempo descritta da Safran non vi è spazio per il meccanicismo e il determinismo tipici dell’esistenza umana, schiava della routine, poiché “la ricorrenza, come quella del Giorno della Memoria, non ci esime da un continuo rinnovamento etico e spirituale”. In questo senso, ha aggiunto l’ebraista della Freie Universität Berlin Giulio Busi, Safran insegna che la Cabbala non costituisce una semplice teoria, ma uno stile di vita.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(27 gennaio 2016)