…boicottaggio

Un gruppo di circa 170 ricercatori universitari italiani ha firmato un documento a favore del boicottaggio del Technion di Haifa e contro la collaborazione con i ricercatori israeliani. Le proposte di boicottaggio accademico nei confronti di Israele si stano moltiplicando in Italia e, a costo di ripeterci, dobbiamo ribadire che la vittima di queste iniziative non è tanto Israele, paese teoricamente boicottato, quanto il paese che boicotta. Per tre motivi.
Il primo è la rinuncia all’apporto scientifico dei ricercatori israeliani che – per lo meno secondo l’indicazione del numero di borse assegnate dall’Unione Europea ai ricercatori al di sotto dei 40 anni in rapporto alla popolazione del paese – si classificano al primo posto in Europa. Dunque chi boicotta lo fa nei confronti di un paese maggiormente avanzato rispetto al proprio, e il danno della mancata collaborazione scientifica va soprattutto a suo carico.
Il secondo motivo è che il boicottaggio contraddice il paradigma fondamentale della scienza che è la libertà di pensiero, di invenzione e di libera critica. Il boicottaggio costituisce una grave regressione rispetto a questo principio, riduce le opzioni, inficia la credibilità, anticipa mediocrità intellettuale, crea cattiva scienza, infine suscita commiserazione.
Il terzo motivo è che è legittimo criticare le politiche di Israele, ma deve essere ugualmente legittimo criticare le politiche di qualunque altro paese. Israele è coinvolto in un annoso conflitto territoriale che va certamente risolto anche a prezzo di rinunce politiche e territoriali, ma allo stesso tempo esistono oggi al mondo circa 150 altri conflitti dello stesso genere. Se la ragione del boicottaggio fosse realmente la questione dell’occupazione Israeliana di territori palestinesi e siriani, le persone oneste scenderebbero in campo con altri 150 boicottaggi: per esempio contro la Russia che occupa parti dell’Ucraina, o contro l’Inghilterra che a Gibilterra occupa parti della Spagna, o contro la Spagna che a Ceuta e Melilla occupa parti del Marocco, o contro il Marocco che occupa il Sahara Occidentale, o contro il Pakistan che in Kashmir e Jammu occupa parti dell’India, o ancora contro la Russia che occupa le isole Kurili reclamate dal Giappone, o contro il Giappone che occupa degli isolotti reclamati dalla Cina, e così via. Senza contare che la vetta del Monte Bianco è contesa fra la Francia e l’Italia. Ma il boicottaggio contro Israele ha poco o nulla a che fare con il conflitto territoriale e con l’onestà delle persone. La scelta di boicottare Israele dimostra fissità e ossessione politica. Per questo va ridicolizzata e combattuta con ogni mezzo.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(4 febbraio 2016)