Una sola vita non basta
“Una Storia Vera”. Se il trailer cinematografico, o la fascetta del libro ha quelle tre parole, io storco il naso e dico ‘Mah’. Capisco le ragioni pubblicitarie – e talvolta perfino quelle pseudo etiche -, ma la mia perplessità rimane. Ci sono eccezioni, come in Steve Jobs, di Danny Boyle, scritto da Aaron Sorkin con Fassbender e la Winslet: la scelta di raccontare attraverso tre soli momenti la vita del genio che ha inventato la Apple mi è sembrata opportuna, così come quella di far vedere che bastardo sia stato, più di qualche volta.
Ci ragionavo su, a luci in sala, e mi sono tornate in mente le due migliori biografie moderne mai lette: quella di Nikolaj Gogol’, scritta da Vladimir Nabokov, e pubblicata in America nel 1944 ( in Italia solo nel 2014, a cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, per Adelphi); e quella scritta da Julian Barnes, intitolata Il pappagallo di Flaubert, edita da Einaudi, una prima volta nel 1984 e ancora, in una nuova scintillante traduzione di Susanna Basso, nel 2014.
Chi di voi avesse notato che ci sono voluti trenta anni fra la prima volta italiana del capolavoro di Barnes e quella della geniale opera di Nabokov può dunque misurare l’intensità della mia attesa: avevo trent’anni quando Julian Barnes, Il Pappagallo e Gustave Flaubert distrussero ogni mia già residua aspirazione di essere scrittore, e trent’anni ho dovuto attendere per leggere la sola ‘biografia letteraria’ che i critici di tutto il mondo le accostavano, quella di Nabokov, appunto su Gogol’.
Ma che gioia, amici lettori, è stata! Comincia dalla morte del grande autore delle Anime Morte, – per finire con la sua nascita – quel gran figlio di un aristocratico di un Nabokov, e prosegue fra digressioni e aneddoti personali, fra osservazioni critiche e pettegolezzi: un circo diventano le pagine, mentre il domatore/acrobata/mago Vladimir fa ballare le parole e saltare le immagini, addomesticando la nostra intelligenza, ma senza farci perdere la curiosità. Sì, siamo farfalle noi lettori, per Nabokov: finiamo tutti nella sua rete.
Chi ha letto Il cappotto, o Il revisore (chi non, oh fortunato mortale, corra a comprare e leggere: delle Anime morte c’è poi una traduzione di Paolo Nori che è caviale su pane al latte e vodka), godrà di più, anche se non è detto: la lepidezza della lingua di Nabokov, la precisione dei dettagli e il controllo del contesto, la sua maestria è tale che, dopotutto, non è importante che un signore di nome Gogol’ sia davvero esistito – purché abbia scritto, ed esista un personaggio di nome Gogol’, se raccontato da Nabokov. Quel che conta, in questo autobiografico saggio di letteratura in forma di falso romanzo, è Nabokov. Così come non conta chi sia in realtà (oh, gli ossimori comici che tocca sentire!) il protagonista del Pappagallo di Flaubert, Mister Geoffrey Braithwaite: e nemmeno se sia un calco fedele o no di Julian Barnes: secondo me sì, ma Julian Barnes ( e neanche tu che stai leggendo, di me poi non ne parliamo… ) non è uno solo. Quel che conta – in questo romanzo che è anche un manuale di letteratura – è che Geoffrey condivide con Julian la passione devota e critica per Gustave Flaubert. È un medico inglese, sua moglie è morta da poco e lui – che non sa come raccontare la sua ‘semplice storia’ di innamorato e vedovo – che tanto semplice poi non è, ma si dovrà attendere parecchio per scoprirlo -, decide di raccontarci del suo vero grande amore per il Gran Normanno. E lo fa senza stolida reverenza, o maniere da specialista: lo fa – e sia benedetto e lodato dai lettori e dagli scrittori onesti, riusciti o mancati – da scrittore onesto: dunque incerto e appassionato, spiazzante e preciso, attento e ruffiano, maleducato e formale. Anche qui: se avete letto Madame Bovary (no: se non l’avete letto siete espulsi, quel che è troppo è troppo!), L’educazione sentimentale e Bouvard e Pécuchet, meglio. Ma, anche qui: provate a Non voler leggere tutto Flaubert dopo aver letto Il pappagallo di Barnes.
Potrei scrivere per ore di questi due libri magnifici, e per settimane di Nabokov e Barnes. Ma Amnesty International dovrebbe intervenire a vostra protezione. Preferisco comunque perdere il mio tempo a rileggerli – sono sempre nuovi – , in attesa del prossimo The noise of Time, appena uscito in Inghilterra, atteso per l’autunno da Einaudi: un’altra falsa biografia, per frammenti di vita giustapposti, quella di Dimitri Shostakovic.
Valerio Fiandra
(4 febbraio 2016)