Il settimanAle – I sorrisi tra Bibi e Tsipras
Ma cosa avranno avuto mai da sorridersi tanto, Netanyahu e Tsipras? Proprio nella Giornata della Memoria, quando uno s’aspetta che il leader degli ebrei del mondo sia assorto nel doloroso ricordo, l’abbiamo visto, dopo una visita lampo del ministro della Difesa Ya’alon ad Atene il giorno prima, accogliere felice e scherzoso il leader del ribaltone della sinistra greca a Gerusalemme, per poi addirittura convolare con lui a Cipro il giorno dopo, una sorta di fuitina politica, col bonario presidente cipriota a benedire l’amore finora proibito. Ma non erano antisemiti questi greci? E proprio con Tsipras, poi. I commentatori hanno continuato a chiederselo perplessi la settimana dopo, come Shimon Shiffer su Ynet il 1 febbraio, dopo che ne avevano scritto su Haaretz il politologo greco David Patrikarakos il 26 gennaio, l’ex responsabile degli esteri palestinese Nabil Sha’ath il 27, perfino l’ex ambasciatore israeliano ad Atene, Arye Mekel, il 31.
Ma Netanyahu, che è figlio di uno storico vissuto oltre cent’anni, sa guardare in profondità nei secoli.
Vi ricordate i meteci? Gente come Aristotele, Ippocrate, Erodoto, per intenderci. Erano forse la metà della popolazione di Atene (se si escludono gli schiavi), ma del tutto privi dei diritti politici, perché non di sangue ateniese. Non potevano votare, e nemmeno sedere in Assemblea. Altro che quel lamentoso di Ahmad Tibi che, scrive Tamar Pileggi su Times of Israel il 4 febbraio, va a Washington a lagnarsi della discriminazione ‘sistemica’ cui sarebbero sottoposti gli arabi israeliani. Ma non è lui stesso che siede come loro rappresentante alla Knesset? Beh, bisogna che impariamo dagli ateniesi, si sarà detto Netanyahu, che si sono inventati il brand della ‘più autentica democrazia della regione’, senza alcuna concessione a quegli stranieri, filosofi rompiscatole, medici senza frontiere o ‘nuovi storici’ che fossero. Questa sì che si chiama hasbarà.
Tami Arad il 2 febbraio scrive su Ynet che Netanyahu sta cercando, per risolvere il conflitto insolubile, una ‘app’ che faccia scomparire d’incanto tutti i suoi nemici. Non la sta più cercando. L’ha trovata. Gli hanno detto i suoi amici ateniesi come fare. Si chiama ostrakon, ma nella nuova versione è stata ribattezzata Im Tirtzù. Se l’originale ha funzionato a ostracizzare Temistocle che aveva vinto a Salamina, vuoi che Im Tirtzù non funzioni con Avraham Burg, il pacifista fallito che ammette lui stesso di essere, su Haaretz del 3 febbraio? Oppure, scrive Nahum Barnea su Ynet il 2 febbraio, con Amos Oz, lo scrittore sinistrorso? O con un’attrice invecchiata come Gila Almagor? Vabbene, Im Tirtzù non farà svanire tutti i palestinesi in una nuvoletta di fumo, ma far tacere questi rompiscatole è già un primo passo.
Alessandro Treves
(7 febbraio 2016)