mitzvah…

E queste sono le leggi che tu porrai davanti a loro (Shemoth 21, 1). Secondo una opinione abbiamo il dovere religioso di osservare anche i Mishpatim (Leggi interpretabili razionalmente) come se fossero Chuqim (Statuti non comprensibili razionalmente) per vera esecuzione della Volontà Divina. Ma in questo modo è fondamentale il concetto di Lishmah (osservanza per se stessa), intesa con la piena Kavanah (partecipazione del cuore) verso il Padre Nostro che è nei Cieli.
L’ebreo che compie una mitzvah, un precetto di D-o, con kavvanah, con una “intenzione” pura, raggiunge la devekut, “la comunione” con D-o, grazie alla chiyut, alla “vitalità spirituale” che ogni mitzvah racchiude. Se l’ebreo compie una mitzvah in modo disinteressato, questa mitzvah fa tutt’uno con D-o: si identifica con Lui. Ma se una mitzvah non è compiuta come si deve, si forma intorno a lei una “scorza” e non potrà più unirsi alla santità di D-o. L’ebreo deve badare alle proprie azioni con conoscenza, ossia nella devekut, “nell’attaccamento” a D-o, ma senza inorgoglirsi. In effetti, succede che l’uomo pensi di aver adempiuto a una mitzvah, mentre in realtà il suo atto non ha avuto il carattere di una vera mitzvah, poiché non l’ha compiuta con sincerità, LeShem Shamayim, “per il Nome dei Cieli”. Succede anche che l’uomo pensi di aver adempiuto a una mitzvah mentre in realtà ha agito solo per interesse personale, inconsapevolmente. Con tali atti interessati, che considera mitzvot. l’uomo in realtà opera una “separazione” tra il Santo, benedetto Egli sia, e la Sua Shekhinah, la Sua Presenza Divina nel mondo. Quando all’uomo viene il pensiero di compiere una mitzvah, che egli non se ne astenga per timore di trarne orgoglio o di essere mosso da un interesse egoista. Poiché i saggi ci insegnano che anche se fa una mitzvah Sheloh LiShemah, “non per il suo nome”, non per il nome della mitzvah stessa, tuttavia l’uomo può giungere, per virtù della mitzvah stessa, a farla LiShemah, “per il suo nome”.

Paolo Sciunnach, insegnante

(8 febbraio 2016)