Qui Milano – Il rapporto tra medicina e Shoah

Senza titolo-6 “Ricordare è pensare, e della Shoah resta ancora molto su cui riflettere”. Da questa consapevolezza, espressa dal presidente dell’Associazione Medica Ebraica Giorgio Mortara, si è sviluppato il convegno “Medicina e Shoah. Dalle politiche razziste dell’800 alla bioetica”, svoltosi al Memoriale della Shoah di Milano e organizzato insieme alla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, il cui direttore Michele Sarfatti ha presentato i lavori, e dalle case editrici Le Monnier e Mondadori Education. Dopo una mattinata di incontro con studiosi e storici, il pomeriggio è stato dedicato ai libri, con la presentazione del volume Vittime e sopravvissuti. Gli esperimenti nazisti su cavie umane di Paul Weindling (Le Monnier).
“Il merito di Weindling – ha sottolineato Mortara – è stato quello di inquadrare la sperimentazione coercitiva nazista nell’ambito della evoluzione della medicina del ventesimo secolo e nella particolare situazione in cui venne a trovarsi la Germania dopo le sanzioni imposte dai vincitori della prima guerra mondiale che impedivano agli scienziati di partecipare alle conferenze internazionali”. Un fenomeno che dunque per la prima volta non viene descritto come a sé stante, bensì “con una sua evoluzione, che non si esaurisce all’interno dei campi di concentramento”. In questo senso, ha aggiunto lo storico della Fondazione Museo della Shoah di Roma Marcello Pezzetti, “le teorie della razza diventano motore e pensiero delle attività politiche”. Un processo, ha spiegato, attuato attraverso “l’aiuto ai sani, cioè gli ariani, l’eutanasia per i cosiddetti malati ereditari, e infine l’uccisione di quelli che i nazisti chiamavano ‘gli stranieri da un punto di vista della razza’”. Accanto a questo, vi erano gli studi di genetica ed eugenetica, della cui importanza ed evoluzione dall’800 alla Shoah ha parlato il professore dell’Università La Sapienza di Roma Antonio Pizzuti. “Comportamenti: non solo DNA ma rapporti fra umani” è invece l’argomento dell’intervento tenuto Marcello Buiatti, del Centro interuniversitario di Filosofia della Biologia dell’Università di Firenze, mentre la filosofa dell’Università degli studi di Milano Laura Boella ha illustrato il rapporto fra la “scienza del male” e il rispetto dell’unicità della persona.
“Alcune domande fondamentali restano tuttavia ancora senza una definitiva risposta”, ha però osservato Mortara, rilevando come l’apertura degli archivi tedeschi nel 2000 agli storici abbia permesso di chiarire almeno in parte “quali fossero le procedure e gli scopi degli esperimenti, la loro entità e ubicazione, se fossero realmente ordinati dalle autorità naziste o se invece gli scienziati approfittassero del brutale regime hitleriano e della disponibilità di prigionieri per i propri scopi”. Argomenti su cui si sono confrontati nel corso del pomeriggio lo storico della medicina Sapienza Gilberto Corbellini e Fulvio Cammarano, direttore della collana Dentro la Storia, che insegna Storia contemporanea all’Università di Bologna.

(8 febbraio 2016)