Keillah milanese, 150 anni dopo

IMG_9164_editCosa è cambiato dalla nascita della Comunità ebraica di Milano a oggi, 150 anni dopo? Mentre la keillah festeggia questo importante anniversario, Kesher ha voluto dedicare un momento di riflessione al suo passato, ripercorrendo la “storia della Comunità Ebraica di Milano: 150 anni dalla nascita; uno sguardo storico e sociologico”. Questo il titolo dell’incontro organizzato dal rav Roberto Della Rocca svoltosi ieri sera alla residenza Arzaga, che ha visto a confronto la sociologa del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea Betty Guetta e il Consigliere della Fondazione CDEC e professore di Economia all’Università Cattolica di Milano Rony Hamaui. Dopo un’analisi delle variazioni demografiche e delle vicende della Comunità, legate specialmente ai flussi di emigrazione verso Israele, di cui negli anni è stata snodo fondamentale, e di immigrazione da vari paesi i cui gruppi etnici oggi costituiscono le edot che la animano, la parola è passata ad alcune testimonianze dirette. A raccontare il coinvolgimento in prima persona delle loro famiglie sono stati Maria Mayer Modena, il cui padre Astorre Mayer fu uno dei fondatori della scuola ebraica, e il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, il cui padre e il cui nonno furono entrambi presidenti della Comunità milanese.
Un passato glorioso da ricordare senza dimenticare le difficoltà del presente. E secondo rav Della Rocca è l’assimilazione uno dei pericoli dell’ebraismo contemporaneo. “C’è una fondamentale differenza tra assimilare e assimilarsi”, ha rilevato il rav: a compiere la prima azione è un corpo sano in grado di attingere alle risorse di cui ha bisogno, mentre il secondo processo implica un annullamento e una trasformazione in qualcos’altro, il concetto espresso da Della Rocca.
L’assimilazione è un fattore che ha sempre influenzato l’andamento demografico delle Comunità, quest’ultimo fotografato nel corso degli anni dalla preziosa indagine curata dal demografo dell’Università Ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola, e di recente dall’imponente lavoro del sociologo Enzo Campelli per l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Ad analizzarle nel corso della serata Betty Guetta, che ha rilevato come oggi la popolazione ebraica italiana sia “meno religiosa e più disposta a partecipare ad eventi culturali al di fuori della Comunità”. Per questo, ha affermato, nel futuro “il marketing della Comunità dovrà essere molto accattivante”.
Rispetto al passato, la composizione della keillah milanese è cambiata radicalmente, grazie all’immigrazione di molti ebrei provenienti in particolare da paesi arabi come Libia, Egitto, Siria, Iraq, Libano, nonché dalla Turchia e dall’Iran, dando vita ai numerosi gruppi etnici (o edot) che oggi la contraddistinguono nella sua particolarità nel panorama italiano. Nuovi apporti che risollevarono le sorti della Comunità dopo gli anni duri della guerra, che causarono un forte decremento demografico. In quegli anni a Milano operava la DELASEM, la Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei, l’ente creato nel 1938 dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per aiutare i profughi ebrei che fuggivano dai paesi sotto il controllo del Terzo Reich. Circa 5 mila ebrei espatriarono da Milano per raggiungere la Palestina o l’America e l’attività della DELASEM proseguì fino al 1943, quando la sede fu distrutta da un bombardamento, e poi anche dopo clandestinamente dando assistenza e rifugio agli ebrei rimasti in città e ai numerosi di passaggio verso l’espatrio clandestino in Svizzera. Un sionismo, ha sottolineato Hamaui, “che a milano non fu politico ma filantropico, aiutando molti ebrei a salvarsi”.

(9 febbraio 2016)