La globalizzazione dell’indifferenza

tobia zeviÈ stata definita “globalizzazione dell’indifferenza”: ignorare la povertà del prossimo o di chi vive lontano noi; dimenticare le studentesse rapite in Nigeria perché donne o le persone trucidate nel mondo in nome di D-o; diffidare, per comodità, quando ci spiegano che le nostre azioni compromettono la salute del Creato anche per le generazioni future.
Poi c’è il fondamentalismo religioso, prevalentemente islamista, che mette a ferro e fuoco porzioni ampie del pianeta e che mostra il suo volto minaccioso anche nelle città occidentali, considerate lontane da pericoli e orrori. Le religioni, o le distorsioni che ne vengono fatte, si manifestano quindi come una grande questione irrisolta del nostro tempo.
A fianco di tutto ciò, però, sboccia una reazione poderosa in senso contrario. L’incontro tra le fedi. Uso questo termine – “incontro” e non il più nobile “dialogo” – perché si fa strada la consapevolezza che il valore del percorso consiste nella conoscenza tra comunità e persone, più che nell’indagine sui punti di (non) convergenza a livello dottrinale.
Chi scrive ha avuto il privilegio, solo poche settimane fa (17 gennaio 2016), di presenziare alla visita di Bergoglio alla sinagoga di Roma, la terza volta di un papa; ma negli ultimi mesi si è materializzata una trama di contatti senza precedenti: la prima visita di un pontefice a un tempio valdese (22 giugno 2015), l’epocale scalo all’aeroporto di Cuba con l’incontro tra i due capi delle Chiese Cattolica e Ortodossa (previsto per il 12 febbraio 2016), e infine la presenza a Lund (Svezia), in occasione dei cinquecento anni dalla Riforma di Lutero, sempre del papa (31 ottobre prossimo). Ancora da mettere in calendario – ma scommetterei che non mancherà – il saluto alla comunità musulmana da qualche parte nel mondo (in questo, il papa sarà secondo a Barack Obama che, la settimana scorsa, è stato il primo presidente USA che ha varcato la soglia di una moschea).
Insomma, un tessuto di relazioni che prova a plasmare una “unità in cammino” tra le confessioni innanzitutto cristiane e poi del mondo occidentale, mentre “a Sud” proliferano conflitti e divisioni (nel giugno scorso su queste colonne adoperai la metafora dei due archi). Bergoglio è per ovvie ragioni al centro di questo sforzo: credo che tutto ciò dovrebbe appassionarci come esseri umani, come occidentali e anche come ebrei.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Twitter: @tobiazevi

(9 febbraio 2016)