Qui Roma – Sapori
La notte della cucina casher
“Un programma fatto dalle persone che hanno aperto le loro case e i loro cuori, dai ricordi, dalle battute e dai percorsi”. Così la chef Laura Ravaioli ha descritto il suo nuovo programma sulla cucina casher in onda su Gambero Rosso Channel, sei puntate dedicate ai più amati piatti della cucina giudaico romanesca ma anche alle tradizioni, alla vita e alla storia degli ebrei della Capitale, presentato ieri sera con una cena, intitolata “Kasher per una notte” al ristorante Bellacarne a Roma. E mentre la concia e i carciofi alla giudia si trasformavano in elegante finger food accompagnato da lunghi bicchieri di bollicine, su uno schermo passavano le immagini di Ravaioli a spasso per le strade del ghetto dove, come ha raccontato, la chef è “andata a scuola imparando direttamente dagli ebrei romani”. Dedicare un intero programma alla cucina casher è per il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni “quasi un evento epocale”, in quanto fino a poco temo fa “si trattava di un argomento di nicchia, e anche solo dedicarvi un libro sembrava qualcosa di astruso”. A presentare il programma insieme a lui anche il presidente di Gambero Rosso Paolo Cuccia, il vicepresidente della Comunità ebraica di Roma Ruben Della Rocca e l’assessore alla Cultura Giorgia Calò, introdotti dal presidente del Benè Berith Roma Sandro Di Castro.
L’aspetto delle contaminazioni culinarie è la vera forza della cucina italiana – ha osservato Cuccia – e senza l’apporto ebraico nella cucina romana non rimarrebbe quasi più niente”. D’accordo anche Della Rocca, che ha sottolineato come la cucina sia un argomento presente nei discorsi quotidiani degli ebrei romani “proprio perché è un elemento di cultura”. Ed è per questo che è particolarmente rilevante, ha concluso Calò, il parallelismo presente nel programma tra “la nostra cucina e la nostra storia”. In questo senso, ha spiegato Ravaioli a Pagine Ebraiche dal backstage, la trasmissione sarà “un prodotto quasi cinematografico, molto più di una semplice proposta di ricette, bensì un grande approfondimento sull’ebraismo in questa città e le sue tradizioni, esplorandole a partire dai sapori”. Di seguito il testo pubblicato sul numero di febbraio del giornale dell’ebraismo italiano attualmente in distribuzione.
Roma ebraica, la delizia del palato
“Sono andata a scuola”. È la prima cosa che sottolinea la chef Laura Ravaioli, apprezzata collaboratrice di Pagine Ebraiche e protagonista da fine gennaio di un nuovo programma su Gambero Rosso Channel, canale tematico di Sky che apre i propri orizzonti alla cucina giudaicoromanesca.
La scuola di Laura sono state proprio le famiglie della Roma ebraica, che le hanno “aperto le porte delle loro case, facendomi entrare nelle loro cucine e nelle loro storie”. Ravaioli si racconta dal dietro le quinte del programma, girato a casa sua, mentre con una frusta e un pentolino in mano mescola con nonchalance una crema di cioccolato da versare sopra alla cassola che sta preparando, una torta di ricotta e cannella.
La trasmissione, ci spiega, sarà “un prodotto quasi cinematografico, molto più di una semplice proposta di ricette, bensì un grande approfondimento sull’ebraismo in questa città e le sue tradizioni, esplorandole a partire dai sapori”.
Il format – continua la chef con l’aiuto dei membri della produzione che le orbitano intorno spostando freneticamente delicate apparecchiature e tortiere di ceramica – prevede che ognuna delle sei puntate cominci dalla spiegazione di una delle regole della casherut da parte del rabbino capo Riccardo Di Segni, per poi integrare la preparazione di ricette con vari racconti, con l’aiuto di ospiti di volta in volta diversi. Ai fornelli con Laura anche la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello, il Testimone della Shoah Alberto Mieli, la preside Milena Pavoncello. E poi, tra gli altri, rav Pino Arbib spiegherà come viene macellata la carne, Claudio Procaccia ripercorrerà la storia della Comunità nei secoli del Ghetto, Giordana Sermoneta reciterà alcuni sonetti di Crescenzo del Monte.
Camminando per il portico d’Ottavia, ha osservato Ravaioli, “gli incontri con le persone sono avvenuti in modo naturale, non c’è stato bisogno di mettere in scena nulla, e le persone sedute sulle loro panchine sono intervenute senza farsi pregare”. Entrare nelle case degli ebrei romani per scoprire un’identità davvero autentica, talmente radicata nella storia e nelle strade di Roma da essere presente nelle tradizioni di ogni famiglia. E come in ogni tradizione ebraica, anche nelle ricette non mancano mai i diversi tipi di interpretazioni e usanze.
Anche lei non ha esitato ad aprire le porte di casa sua. La cucina si trasforma così in un piccolo studio televisivo, e tra un “azione” e l’altro Laura volteggia con grazia tra i fornelli, mentre davanti a lei ha luogo un viavai che sembrerebbe impensabile in uno spazio così piccolo. Instancabile, anche dopo innumerevoli ingredienti messi a bagno maria, essiccati, infornati o impastati e poi di nuovo tutto da capo più e più volte per soddisfare la necessità di riprendere da ogni angolo, non perde il sorriso nemmeno per un secondo. E ogni tanto improvvisa anche lei. Mentre discute delle dosi degli ingredienti della sua cassola da mandare in sovraimpressione nel programma, ci pensa su e suggerisce che in fondo meglio due che una sola tavoletta di cioccolato, perché “insomma, alla fine a tutti piace mettercene tanto”. Ogni giorno Ravaioli prepara fino a sette piatti, e per quanto riguarda la cucina giudaicoromanesca il menu è lungo, tra concia, carciofi, polpette e dolci. Le ricette sono il risultato dei suoi nuovi studi casalinghi, spiega, ma con un tocco personale. Qualche volta infatti fa anche lei le sue modifiche sul tema, e così nella cassola finisce un goccio di sambuca. Naturalmente, l’occhio è costantemente attento anche alla casherut, e la chef sottolinea di non usare nessun ingrediente di cui non si possa garantire una certificazione. Intanto, mentre le zucchine della concia sono ancora fresche e la crema al cioccolato ancora calda, Laura ha già la mente pronta a lavorare su orizzonti più ampi che la sola cucina ebraica romana. Senza allontanarsi per la verità dalla Capitale, l’intenzione è infatti quella di riproporre lo stesso format per un approfondimento sui sapori e sulle memorie custodite dalle famiglie libiche arrivate in Italia nel ’67. Servirà di certo una scuola anche per quello, ma solo chi ha nonne e zie tripoline e conosce la loro abitudine a misurare ogni cosa “a occhio” sa a cosa Laura va incontro.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
da Pagine Ebraiche, febbraio 2016
(10 febbraio 2016)