Forza David, siamo con te!
Il calcio, ancor prima di uno sport, è soprattutto un grande spettacolo: un dribbling o una rovesciata regalano brividi unici. Ma nel mondo del pallone, esiste anche chi è capace di far provare delle intense emozioni esclusivamente con le proprie capacità oratorie. Appartiene a questa categoria umana David Guetta, da oltre 28 anni voce della Fiorentina e da tempo più recente apprezzata firma della redazione locale del Corriere della sera. Le sue appassionanti radiocronache tengono con il fiato sospeso decine di migliaia di ascoltatori ogni domenica. Il suo inconfondibile grido di gioia a ogni marcatura dell’undici gigliato è il momento liberatorio che i tifosi aspettano con ansia e trepidazione. E che hanno la fortuna, tra l’altro, di ascoltare sempre più spesso, considerati gli ottimi risultati raggiunti dalla compagine toscana negli ultimi tempi.
Cioè da quando a dirigere l’orchestra viola è un certo Cesare Prandelli. L’amore per il calcio e per la squadra della sua città nasce in David molto presto, ai tempi delle elementari. “Quando ero piccolino – racconta con un pizzico di nostalgia – avevo un idolo strano, Brugnera, un centravanti che non segnava quasi mai. E ricordo che nel 1967, a nemmeno sette anni, piansi perché avevano venduto Kurt Hamrin (attaccante svedese amatissimo in riva all’Arno) al Milan”. E mentre alcuni compagni di classe sceglievano di tifare le più titolate e vincenti Juventus e Inter, lui non è caduto in tentazione neanche una volta: “Non ho mai considerato possibile amare nessuna altra squadra all’infuori della Fiorentina”. Una passione fortissima, che un giorno sarebbe diventata il suo lavoro. Prima di diventare radiocronista, comunque, David aveva provato a cimentarsi con maglietta e calzoncini nelle file del Maccabi. Ma senza particolari gratificazioni: “Ero veramente scarso”. Poi, in piena adolescenza, l’improvviso miglioramento. Al punto da arrivare a prendersi delle soddisfazioni in seconda categoria, “dove venivo perfino pagato per giocare”. E a disputare una ventina di partite allo stadio Artemio Franchi, alcune con trentamila spettatori sugli spalti, in occasione delle manifestazioni benefiche che si svolgono sul terreno dell’impianto fiorentino dall’inizio degli anni Novanta. “Il bello è che gli organizzatori credono che faccia loro chissà quale grande piacere ad andarci – ci spiega – quando invece è vero il contrario: pagherei chissà cosa pur di correre almeno un minuto su quel prato”.
Buon calciatore, dunque, ma quando si siede nella sua postazione accanto all’amico e compagno di mille avventure Saverio Pestuggia, David diventa un fuoriclasse. Dai curati manti erbosi inglesi e tedeschi, passando per i campi spelacchiati di San Giovanni Valdarno e Castel di Sangro, non importa in quale competizione la Fiorentina giochi, amichevole o gara ufficiale, di una sola cosa si può essere sicuri: Guetta sarà presente. “Fortunatamente godo di ottima salute – ride – perché altrimenti non ce la farei a continuare con questo ritmo”. E fortunatamente ha una moglie molto paziente, “forse perché è una giornalista e capisce la pazzia dell’ambiente”.
Qualche anno fa la sua passione per il calcio (e la responsabilità di garantire una buona audience a Radio blu) rischiò di creargli non pochi problemi sotto il tetto familiare. “All’alba era nata la mia primogenita Valentina – ricorda – e in serata la Fiorentina giocava una partita di Coppa Italia ad Ascoli”. Con non poca apprensione, David si avvicinò alla consorte e le chiese il permesso di poter partire per questa ennesima trasferta. Schiaffone in faccia? No, a sorpresa, “fu grandiosa ad acconsentire”.
Di tutte le radiocronache effettuate in carriera, oltre mille, Guetta rammenta con particolare piacere quella in cui ha raccontato l’inaspettato trionfo a Wembley contro l’Arsenal (era il 27 ottobre del 1999), successo storico ottenuto grazie a Batistuta e alla saracinesca eretta da Toldo. “E quasi sullo stesso piano – rivela da buon fiorentino allergico ai colori bianconeri – ci metto il tre a due in casa della Juventus il due marzo del 2008”. Ben impresso nella memoria, in ogni caso, è il ricordo di una trasferta a Kiev del dicembre 1989, “quando effettuai la radiocronaca in condizioni assai particolari, corrompendo una funzionaria dell’Urss a colpi di dieci dollari ogni venti minuti perché non cadesse la mia linea telefonica”. Quella della Rai, ride, si interruppe più volte. Ma non sono sempre state rose e fiori nella carriera di David, in quanto oltre alle disavventure che hanno interessato la squadra nel recente passato (due retrocessioni e un fallimento), di cui ha dovuto raccontare per filo e per segno ogni vicenda, è stato vittima di alcune vergognose situazioni che niente hanno a che fare con lo sport. “Sono stato più volte chiamato ebreo di merda, mi hanno disegnato delle svastiche sulla moto e inviato lettere minatorie a casa”. Un sedicente tifoso, un giorno, appese a Bari uno striscione con scritto: “Guetta circonciso”. Il fatto ebbe una tale eco da provocare addirittura la mozione di solidarietà del consiglio comunale. E quale migliore risposta per i poveri stupidi che l’avevano preso come bersaglio? “Di fronte a queste manifestazioni di totale imbecillità ho replicato iscrivendomi di nuovo alla Comunità ebraica di Firenze, dopo oltre quattordici anni, e rispondendo via etere e di persona agli idioti. Insomma, non mi sono nascosto, io che non sono propriamente un ebreo osservante”.
E chi di striscione ferisce, di striscione perisce. In occasione delle celebrazioni per la Giorno della Memoria di quest’anno, infatti, la società dei fratelli Della Valle e la Regione Toscana (l’operazione ha la regia di Ugo Caffaz) hanno deciso di far esporre, prima della partita contro la Roma, uno stricione in cui si diceva no al razzismo. David, seduto come sempre nella sua postazione, avrà certamente apprezzato.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
Il disegno è di Vanessa Belardo
(Pagine Ebraiche, marzo 2010)