Dal teatro yiddish a Hollywood
Per El Chivo è tripletta
El Chivo ha colpito ancora. Senza pestare piedi o fare troppo rumore, il direttore della fotografia Emmanuel Lubezki (conosciuto appunto con il soprannome El Chivo), conquista il suo terzo Oscar di fila per The Revenant, arrivato dopo Birdman nel 2015 e Gravity nel 2014. L’ennesima conferma per uno dei più virtuosi addetti ai lavori di Hollywood che ha portato il cinema messicano alla ribalta assieme ai suoi compatrioti registi Alfonso Cuaron e Alejandro Gonzales Inarritu.
Nato a Mexico City nel 1964, Lubezki è un ebreo di origine ashkenazita. E come ogni ashkenazita che si rispetti, ha una storia avventurosa: sua nonna fuggì dalla Russia durante la rivoluzione e riparò a Shangai, pronta ad inseguire il suo sogno di diventare un’attrice e conquistare il cinema americano. I piani non andarono però come previsto, come ha rievocato lo stesso Lubezki: “Mia nonna voleva una carriera ad Hollywood e convinse tutta la famiglia a lasciare la Cina, li fermarono però in Messico a causa delle restrizioni sull’accoglienza dei migranti”. A Mexico City conobbe poi quello che sarebbe diventato suo marito: un amore esploso mentre entrambi recitavano in una compagnia teatrale yiddish.
La passione per il cinema è stata poi ereditata da loro figlio Muni e dal figlio di Muni, Emmanuel che a dieci anni ricevette in regalo la sua prima telecamera. Soprannominato El Chivo-la capra fin da piccolo (“Non quale sia l’origine – ha raccontato – forse perché effettivamente assomiglio un po’ a una capra, ma in fin dei conti ognuno dei miei amici aveva il nome di un animale”), Lubezki ha studiato cinema al Centro Universitario de Estudios Cinematograficos presso l’Universidad Nacional Autónoma de México dove ha conosciuto il suo “partner in crime” Alfonso Cuaron, il regista con il quale girerà sei lungometraggi, compreso Gravity che valse ad entrambi l’Oscar. La permanenza alla Cuec dura però poco; entrambi vengono espulsi per il loro carattere polemico, come ha raccontato lo stesso Cuaron in un’intervista all’Hollywood Report: “Avevamo un modo differente dagli altri di vedere i film. Ma retrospettivamente credo che in effetti fossimo molto arroganti. Ci lamentavamo sempre perché non volevamo essere circoscritti alla modalità che a quel tempo faceva scuola. Ma devo ammettere che attualmente questa scuola è straordinaria”.
A partire dagli anni ’90, la carriera del Chivo si fa sempre più frenetica e il suo lavoro dietro la macchina da presa si guadagna l’apprezzamento dei registi più influenti di Hollywood: oltre a Cuaron e Inarritu, lavora con Tim Burton, Terrence Malick e i fratelli Coen, spaziando tra generi molto diversi tra di loro. Dalle scene spaziali in 3D di Gravity, al lungo piano sequenza che contraddistingue Birdman oltre al gotico Sleepy Hollow e l’ultimo selvatico The Revenant, totalmente immerso nella magnificenza della natura e girato quasi tutto servendosi della luce naturale. A contraddistinguerlo, il virtuosismo con il quale gestisce le luci, il coraggio di sperimentare e di porsi sempre nuove sfide: “Ci sono ancora un sacco di cose che devo ancora imparare”, ammette infatti. Se il primo Oscar lo aveva colto di sorpresa ed emozionato (aveva sciorinato tutti i suoi ringraziamenti senza dimenticare una punta di ribellione: “Ringrazio i miei maestri. Non tutti, ma alcuni”) questa statuetta l’ha voluta condividere soprattutto con il regista Inarritu, il suo “compadre”. E per la glitterata Hollywood, il Messico non è mai stato così vicino.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(29 febbraio 2016)