Confini e confronti
Un titolo come “I confini e i territori di Israele” sembra fatto apposta per provocare discussioni. Anzi, il logo stesso della serata torinese di mercoledì 16 (raccontata ieri da Filippo Tedeschi) ha suscitato qualche mormorio: in effetti a cosa corrisponde? Non alla Terra di Israele biblica (come ha spiegato bene rav Pierpaolo Pinhas Punturello), non ai confini internazionalmente riconosciuti dello Stato di Israele, e neppure al territorio che oggi è sotto controllo israeliano (dato che l’immagine include la striscia di Gaza). Si potrebbe dire che corrisponda a una percezione mentale di Israele che è comune a molti, ma che tuttavia spesso non è coerente con i discorsi che si fanno, per esempio quando si afferma che gli arabi sono il 20% della popolazione (in realtà se si prendono in considerazione tutte le zone incluse nel logo ci si avvicina al 50%).
La serata è stata molto interessante e anche inaspettatamente tranquilla, con un pubblico attento e per nulla polemico o litigioso. Eppure lascia l’amaro in bocca. Perché quello delineato molto efficacemente da Rav Pierpaolo Pinhas Punturello e da Claudio Vercelli è un quadro fosco – in cui sembra difficile trovare vie d’uscita – e anche impossibile da decifrare con le categorie mentali del passato. L’idea stessa di Stato, per esempio, appare in crisi, e non solo nel mondo arabo: se vent’anni fa l’assassino di Rabin nella sua logica perversa riteneva comunque di agire per la salvezza dello stato, oggi gli estremisti di destra israeliani contestano proprio quello stato e aspirano a distruggerlo. Vercelli ha parlato di crisi della mediazione, e ciò suona particolarmente inquietante dopo che Rav Punturello aveva concluso il suo intervento citando proprio la mediazione come unico strumento possibile per trovare soluzioni.
Forse noi ebrei della diaspora non possiamo fare molto se non cercare di informarci. Perciò sono molto utili serate come questa, animate non dal bisogno di contrapporsi ma dal desiderio di capire.
Anna Segre
(18 marzo 2016)