Il ghetto, il mondo

bassano“Il ghetto rappresentava l’intero mondo per lui ed era abbastanza grande per contenere tutto ciò che il cuore di un fanciullo può desiderare . […] Fu la donna che veniva ad accendere il fuoco di sabato a rivelare al ragazzo ciò che per tanto tempo non era stata un’idea molto vaga, e cioè che il mondo non era abitato da ebrei”. Difficile immaginare come fosse effettivamente la vita nel ghetto di Venezia, alcune cronache o racconti ne offrono un’idea, come queste parti estrapolate dal memorabile “il Fanciullo del Ghetto” di Israel Zangwill. Le uscite erano sbarrate da cancelli di ferro sorvegliate da guardie giorno e notte, le case erano costruite in altezza per mancanza di spazio, gli uomini e le donne indossavano un berretto giallo o un cerchio di stoffa sul petto come simboli distintivi… Il ghetto era anche paradossalmente sinonimo di protezione, in Marocco l’analogo Mellah o la tunisina Hara, onnipresente e recintata da alte mura, fu inizialmente costituito per proteggere gli ebrei da eventuali rivolte e violenze anti-ebraiche. Separazione e protezione, sono del resto due parole dai significati in questo caso approssimativi ed interscambiabili, e soprattutto, come ha scritto in maniera illuminante Stefano Jesurum, “la storia ci ha insegnato che non bastano le ruspe a rimuovere i muri così come non è necessaria la fisicità di un recinto per creare un ghetto.” Il ghetto, oltre ad essersi ripresentato nuovamente dopo il 1797 sotto forme talora più drammatiche, è rimasto un’istituzione mentale impressa non solo nella storia ebraica ma in quella di qualunque minoranza nazionale. Se le culture debbano fondersi e scomparire per costruire una comune umanità o debbano invece mantenere un certo grado di sordità e chiusura per sfuggire ad una sorta di “contaminazione” ed omologazione culturale, è un enigma che disgregò anche il pensiero del grande antropologo Claude Lévi-Strauss. L’ebraismo contemporaneo, quello italiano in modo peculiare ed ante litteram, ha dimostrato che una via media può essere possibile.

Francesco Moises Bassano

(18 marzo 2016)