numeri…

La mia amica Anna Segre ha ragione quando sottolinea l’importanza dei numeri piccoli, sento però di non trovarmi in piena sintonia con lei quando i numeri non sono più piccoli, ma diventano l’espressione della “solitudine dei numeri primi” parafrasando un romanzo vincitore del premio Strega. Viene spontanea la necessità di differenziare luoghi di piccola esistenza ebraica che vanno aiutati e sostenuti e luoghi di non esistenza ebraica che spesso sono solo palcoscenici di ebraicità. Nei primi gli ebrei quotidianamente ci abitano, vi pregano, esprimono cultura, incontri, conferenze, sedarim per Pesach o accensioni di Channukkah. Nei secondi si organizzano eventi, festival, convegni, fiere, feste di piazza, banchetti, sagre e si importano ad hoc presenze ebraiche che facciano folklore. Non è questo il caso del più antico sefer Torah del mondo trovato a Biella, ma la paura di una perdita di senso del numero passa anche per Biella. Personalmente sono da anni dedicato a dare forza ai piccoli numeri, se questi sono espressione di una qualsivoglia ebraicità quotidiana, perché è nel yom yom che il numero, anche se piccolo, ha un senso e l’evento, a luci ebraiche spente, non trova nessun futuro. Perché l’opera della creazione, il מעשה בראשית, si rinnova ogni giorno ed è verso quel rinnovarsi quotidiano, seppur numericamente minimo, che dovremmo indirizzare le nostre energie.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(18 marzo 2016)