Una giornata per i migranti
La settimana scorsa il Senato ha istituito la Giornata della Memoria per i migranti vittime del mare, prevista per il prossimo 3 ottobre e poi ogni anno alla stessa data. Hanno votato a favore i partiti di maggioranza mentre si sono opposti il Movimento 5 stelle, Forza Italia e la Lega. In sintesi, l’obiezione (pretestuosa?) era questa: la commemorazione annuale è un simbolo, non risolve l’emergenza-immigrazione e quindi rivela un’ipocrisia; inoltre, le Giornate ufficiali, quelle segnalate nel calendario, sono troppe e dunque inflazionate.
A ben pensarci, gli stessi argomenti possono costituire un argomento in favore di questa iniziativa: l’esistenza delle persone, e delle comunità sociali, è fatta di simboli. Non serve citare Sigmund Freud per ricordarlo. Evocare momenti importanti della propria storia e fissarli nello scorrere ciclico del tempo aiuta a costruire la propria identità e vivere meglio. E non dobbiamo forse considerare fondamentale un evento come la morte di 366 persone, annegate a Lampedusa il 3 ottobre 2013? Inoltre, l’identità nazionale si plasma anche grazie a date fondative – quel “calendario civile” di cui ha scritto spesso David Bidussa, per cui la scuola è strumento fondamentale – che servono proprio a unire i popoli in una narrazione e in un destino collettivi.
La Giornata della Memoria della Shoah, in questo senso, rischia di essere troppo isolata: senza l’abitudine a selezionare altri momenti topici nella propria storia collettiva, i giovani faticano a sviluppare una coscienza condivisa. E non è un caso che le religioni siano organizzate sulla base di festività religiose reiterate ogni anno. Dunque, ben venga la Giornata del 3 ottobre. Semmai, ho qualche dubbio sull’uso del termine “memoria”. Sappiamo bene che l’impegno a ricordare il passato va sempre rivolto al futuro, per impedire il ripetersi di simili tragedie; ma certo, con il flusso di migranti che non si arresta e la morte continua di bambini, donne e uomini che annegano nel Mediterraneo, la declinazione al passato rischia di apparire tragicamente beffarda.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Twitter @tobiazevi
(22 marzo 2016)